Nessun brindisi allevierà la fitta al cuore che da tre giorni accompagna tutti noi della Provincia e tutti coloro che conoscono Alessandro Giani, il diciottenne liceale cassanese ricoverato in fin di vita all’ospedale del Circolo dopo essere caduto accidentalmente da sei metri in un’ex cartiera a Cairate (ma possono sei metri portarsi via un’intera vita?). Martedì sera eravamo in redazione pronti a brindare con Stefano Bettinelli, l’allenatore – anzi, l’uomo – del Varese venuto a trovarci per la prima volta dopo la retrocessione dalla serie B e la scomparsa della vecchia società
biancorossa («Arrivare alla fine è stata dura e anche se mi avesse chiamato una squadra di serie A non ci sarei andato, non ne avevo la forza: dall’inferno del mio Varese non potevo toccare il cielo con un dito»). Alberto Coriele, uno dei nostri giornalisti (l’altro è Fabio Gandini) che un mese fa è partito per seguire la Pallacanestro Varese in Belgio ed è finito a scrivere uno splendido reportage da Molenbeek, da dove partirono i terroristi di Parigi («Perché Albi tra una strada in discesa e una in salita, preferisce iniziare a salire»), era arrivato dalla sua Cassano appositamente per salutare l’ex mister biancorosso, perché il “Betti” lascia una scia di umanità in chi l’ha conosciuto che sale alla gola e nell’anima soprattutto quando è lontano. È in quel momento, mentre avevamo già imbandito la scrivania di Bruno Melazzini per alzare i calici e brindare, che ha iniziato a vibrare il telefono tenuto religiosamente in silenzio da Albi per l’occasione: lì è finito il suo (il nostro) Natale. E un po’ anche il mondo. «C’è Alessandro gravissimo, è caduto nella cartiera di Cairate» gli hanno detto. Alessandro Giani è il cugino al quale Alberto Coriele è molto legato, un pezzo importante della sua vita. Abbiamo visto in quel momento il volto di chi raccoglie informazioni per mestiere e passione, colpito in pieno da una notizia che non riguardava come sempre gli altri, i lettori o il giornale, ma esattamente lui. Lui che poi è corso in ospedale accompagnato da Fernando e Gabriele, lui che non ce l’ha fatta a non informarci di come stavano andando (male) le cose anche se stravolto dall’emozione e dal dolore, lui che alla fine ha ringraziato (lui!) tutti noi per non averlo fatto scrivere. Per essere stati guidati nella tragedia – e ci mancherebbe altro – da sensibilità, delicatezza, amore (non abbiamo scritto e non vogliamo scrivere che Alessandro è morto, chi lo fa è un bugiardo: il suo cuore continua a battere perché alla fine è pur sempre Natale e qualcosa può ancora succedere).
Ci siamo messi, per quanto sia impossibile, nel corpo e nel cuore di Albi, Alessandro, papà Davide, mamma Daniela e della sorella Serena che il giorno dopo magari avrebbero aperto il giornale. Dovremmo farlo sempre, con tutti. Prima di scrivere o di continuare a vivere la vita di tutti i giorni. Domani è Natale e noi vorremmo che lo fosse anche per questa famiglia: forse è impossibile, ma noi ci proviamo lo stesso e chiediamo un piccolo miracolo. Chiediamo che il giorno peggiore nella vita di queste persone si trasformi comunque in una minuscola, flebile, folle speranza. Noi, per quanto può valere, regaliamo loro un pensiero, un abbraccio. Un pezzetto della nostra forza. È poco ma è tutto ciò che abbiamo e che volentieri concediamo. È il nostro regalo di Natale.