Colpito da un colpo da arma da fuoco, quasi certamente una calibro 22 che non potrebbe essere utilizzata neanche per la caccia nei periodi e nei luoghi consentiti. Un capriolo di due anni è stato ritrovato il giorno di Pasquetta agonizzante nel Parco del Ticino con il cranio devastato da un proiettile che gli ha portato via gran parte dell’apparato temporo – mandibolare. E’ successo nei pressi del ponte di Bereguardo, in provincia di Pavia. Ma il fenomeno del bracconaggio è purtroppo in diffusione «in tutto il territorio del parco» afferma Maurizio Bossi, capo della vigilanza del Parco del Ticino.
«Negli ultimi dieci anni il bracconaggio è aumentato di circa il 30 per cento – continua Bossi – Sembra che il gusto del proibito, la cultura della sfida, abbia preso piede in maniera indiscriminata. Una volta, il bracconaggio era un’attività socialmente definita, svolta da chi non aveva soldi per procurarsi da mangiare. Ora troviamo medici, ragionieri, commercialisti che si danno alla caccia vietata».
Alla crisi economica, dunque, si aggiunge il divieto e il carico di adrenalina come stimolo d’azione. Si cacciano di frodo cinghiali, lepri, mini lepri, fagiani, caprioli. «La ricerca con lo sparo avviene soprattutto di notte o nelle prime ore del mattino, mentre di giorno i bracconieri tendono le trappole, cappi con fili di ferro che uccidono l’animale strangolandolo».
Di notte è sempre proibito cacciare, anche quando la stagione venatoria è aperta. I guardiaparco si fanno in quattro per tenere sotto controllo la situazione, ma sono in 16 per 47 comuni e tre province con un’estensione di 100 mila ettari di territorio e 140 chilometri di fiume (fascia nella quale è sempre vietata la caccia). E non sempre si riesce a consegnare il bracconiere alla giustizia.
Nel caso del capriolo ferito a morte, che si è dovuto sopprimere, il settore Vigilanza polizia giudiziaria del Parco del Ticino ha presentato denuncia contro ignoti per caccia in zona e in periodo di divieto e per maltrattamento di animale. Il presidente del Parco del Ticino Gian Pietro Beltrami «in considerazione della gravità dell’episodio che non può e non deve passare sotto silenzio», ha dato indicazione al settore legale dell’Ente di costituirsi parte civile nell’eventuale procedimento penale.
f.artina
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