Bruxelles, 31 mar. (TMNews) – La Corte europea di giustizia ha condannato l’Italia, con sentenza emessa oggi a Lussemburgo, per la violazione della direttiva sulla prevenzione e riduzione integrate delle emissioni inquinanti dagli impianti industriali (direttiva Ippc, 2008/1/CE).
La direttiva impone il rilascio di un’autorizzazione per tutte le attività industriali e agricole con notevole potenziale inquinante: attività energetiche, produzione e trasformazione dei metalli, industria dei prodotti minerali, industria chimica, gestione dei rifiuti e, nel settore agricolo, l’allevamento.
L’autorizzazione può essere concessa solo se le imprese stesse si fanno carico della prevenzione, del controllo e della riduzione dell’inquinamento che possono causare. Le imprese devono impegnarsi, in particolare, a usare tutte le misure utili contro l’inquinamento, ricorrendo alle migliori tecniche disponibili (indicate dalla sigla inglese Bat, Best availble technologies), che producono minori quantitativi di rifiuti, utilizzano le sostanze meno pericolose, consentono il recupero e il riciclaggio delle sostanze emesse, sono più energeticamente efficienti. E’ previsto, inoltre, l’impegno a bonificare i siti al termine delle attività.
Le autorizzazioni fissano i valori limite di emissione delle sostanze inquinanti (esclusi i gas a effetto serra, che sono coperti dalla legislazione Ue pertinente), le eventuali misure per la tutela del suolo, delle acque e dell’aria, le misure per la gestione dei rifiuti e quelle da prendere in caso di circostanze eccezionali (come fughe, guasti, chiusure temporanee o definitive degli impianti), il monitoraggio delle emissioni e degli scarichi.
Gli Stati membri dovevano adottare le misure necessarie affinché, entro il 30 ottobre 2007, gli impianti esistenti funzionassero secondo i requisiti della direttiva Ippc. L’Italia ha informato la Commissione europea dell’adozione del decreto legge n. 180/2007, che ha prorogato al 31 marzo 2008 il termine per l’adeguamento degli impianti esistenti alle disposizioni della direttiva, e ha previsto, in caso di inadempienza delle autorità competenti, l’attivazione urgente del potere sostitutivo dello Stato. Successivamente, tuttavia, la Commissione ha constatato che molti degli impianti esistenti erano in funzione senza essere dotati dell’autorizzazione.
Al 30 ottobre 2009, nonostante una procedura di infrazione della Commissione che aveva dato tempo all’Italia fino al 2 aprile 2009 per mettersi in regola, risultava che su 5.669 impianti esistenti e in esercizio, solo 4.465 erano dotati di autorizzazione integrata ambientale e per i rimanenti 1.204 impianti erano ancora in corso procedure di rilascio dell’autorizzazione. Da una nota trasmessa dall’Italia il 14 aprile 2009, inoltre, emergeva che le autorità competenti non erano neppure in possesso di tutte le informazioni relative al numero di impianti presenti sul territorio nazionale e alle loro attività. L’Italia si è giustificata adducendo la mancata trasmissione dele informazioni complete da parte di alcune autorità competenti regionali.
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