GAVIRATE «Vorrei essere morto io al suo posto». Mario Camboni, 71 anni, a processo per l’omicidio della figlia Alessandra, 32 anni di Marchirolo, e per il tentato omicidio del figlio Federico, 34 anni, questa mattina ha parlato per la prima volta. Camboni, ex militare della guardia di finanza, ha rifiutato di sottoporsi all’esame dell’imputato rendendo però spontanee dichiarazioni.
Con la voce rotta dal pianto, prima che il sostituto procuratore Luca Petrucci chiedesse alla Corte d’Assise la condanna all’ergastolo con riconoscimento a carico dell’uomo delle aggravanti della crudeltà, della premeditazione e dell’aver agito contro un familiare, Camboni ha parlato per 20 minuti. In un lungo discorso poi definito «egocentrico» dagli avvocati di parte civile, l’imputato si è definito «un padre severo come mio padre fu con me diventando, con mia madre, un modello di amore familiare e fede cristiana».
Camboni si è descritto come un militare, un tutore della legge, dal passato irreprensibile per le parti civili la divisa era la maschera che l’uomo utilizzava per nascondere il suo essere padre padrone ossessionato dalla moglie); della mattanza avvenuta il 24 aprile 2010 a Gavirate, giorno di Pasqua, quando i due figli andarono a fargli gli auguri portando una colomba, dello spumante, dei vestiti puliti e del denaro dopo l’allontanamento di Camboni dalla casa familiare alla luce dei maltrattamenti e delle minacce di morte contro la moglie,
l’uomo ha detto «di non ricordare nulla. Non so perché ho fatto ciò che ho fatto. E’ un incubo, un incubo terribile. Ho sempre amato i miei figli; Alessandra era la mia figlia prediletta. Quella con cui aveva un legame speciale; a lei, che mi aveva reso tanto orgoglioso diventando psicologa, avevo chiesto consigli sull’apatia nella quale era piombato il mio matrimonio. Sul perché della mancanza di intimità con mia moglie».
Camboni ha avuto parole d’affetto anche per Federico, il figlio che ha ferito in modo gravissimo con lo stesso coltello utilizzato per uccidere Alessandra: «E’ sempre stato libero di fare le sue scelte – ha detto Camboni – Mi ha reso orgoglioso, non so spiegare cosa è accaduto. Amerò sempre i miei figli: vorrei essere morto al posto della mia adorata Alessandra». Il 4 febbraio parleranno le difese, poi la Corte d’Assise andrà in camera di consiglio per la sentenza.
Simona Carnaghi
b.melazzini
© riproduzione riservata