«Discriminatorio e denigratorio» chiamare “clandestini” i richiedenti asilo: il Tribunale di Milano condanna la Lega Nord di Saronno per i manifesti anti-profughi. «Più di due terzi dei migranti sono clandestini. Andremo avanti a definirli tali» promette il segretario della Lega Lombarda Paolo Grimoldi.
Una sentenza inaspettata, quella con cui il giudice della prima sezione civile del Tribunale ordinario di Milano Martina Flamini ha condannato il segretario della Lega Nord di Saronno Davide Borghi e il partito guidato da Matteo Salvini ad un risarcimento di diecimila euro, oltre alle spese legali, per i manifesti “Saronno non vuole clandestini” che erano stati affissi ai gazebo e in giro per la città nell’aprile del 2016, quando era stato prospettato l’arrivo di 32 richiedenti asilo in una struttura di via Castelli messa a disposizione dalla cooperativa Intrecci.
A fare causa al Carroccio saronnese, le associazioni Asgi (Associazione degli Studi Giuridici sull’Immigrazione) e Naga (Associazione Volontaria di Assistenza Socio-sanitaria e per i diritti dei cittadini stranieri, rom e sinti). Per il giudice infatti «l’associazione tra il termine “clandestini” e i richiedenti asilo, oltre ad essere erronea ha una valenza denigratoria e crea un clima intimidatorio e ostile». Una sentenza che «distorce la realtà» per il segretario nazionale della Lega Lombarda Paolo Grimoldi, che fa parlare i numeri del fenomeno per contrastare la sentenza, contro cui il Carroccio farà appello.
«Con più di 125mila immigrati clandestini sui 181mila arrivati in Italia nel 2016, e appena un 5% di loro riconosciuti come profughi, non comprendiamo dove si riscontri il carattere discriminatorio o denigratorio del termine “clandestini” quando due terzi di loro, come verificato dalle commissioni giudicanti, sono appunto dei clandestini. Pertanto noi andremo avanti a definirli tali».
Per il segretario regionale del Pd Alessandro Alfieri invece «il Tribunale ha fatto bene. Le delicate questioni legate all’immigrazione non si affrontano con slogan sguaiati e sterile demagogia come fa la Lega, ma con proposte concrete, come quelle del ministro Minniti, che coniugano legalità, sicurezza e integrazione».
Il giudice Martina Flamini era già balzata agli onori delle cronache per altre sentenze in tema di immigrazione. Dall’accoglimento dei ricorsi contro il rigetto della richiesta di asilo di un giovane nigeriano che si sentiva discriminato in patria per la sua omosessualità, alla condanna ai ministeri degli interni e dell’economia a rimborsare la tassa sul permesso di soggiorno ad alcuni stranieri per il «carattere discriminatorio» del balzello.