BUSTO ARSIZIO – «La manovra della ciclista è stata assolutamente normale. Il conducente alla guida dell’auto avrebbe avuto tutto il tempo di fermarsi o di rallentare e superare sulla destra la bicicletta». La testimonianza del perito chiamato a fare chiarezza su quanto avvenuto il 3 agosto del 2010 a Busto Arsizio, è di quelle che fa male. Quella sera, alle 18, Giovanna Farioli, una donna di 66 anni, residente nel quartiere di Borsano, venne investita mentre stava tornando a casa a bordo della propria bicicletta. Alla guida della Fiat Stilo sopraggiunta contro di lei, un 30enne di Busto Arsizio. Per la donna, speronata dalla vettura, non ci fu nulla da fare. Nonostante gli sforzi dei medici del 118 e la corsa all’ospedale di Legnano, la donna morì qualche ora dopo l’incidente.
Questa mattina, davanti al giudice monocratico del tribunale di Busto Arsizio, il perito chiamato a ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente ha detto con chiarezza che quello schianto poteva essere evitato. «La vettura procedeva attorno ai 73 Km/h, abbondantemente al di sopra del limite di 50 Km/h. Sull’asfalto sono state trovate tracce di frenata. Mentre l’uomo, sottoposto ai test del tasso alcolemico, è risultato negativo». Forse fu un momento di distrazione, quindi, a provocare la tragedia. La donna in bicicletta si trovava in via Bernardino de Bustis, all’incrocio con via Toniolo, quando ha iniziato ad allargarsi a sinistra per svoltare nella via. Proprio a quel punto, sempre secondo la ricostruzione del perito, l’auto la speronò sul lato anteriore sinistro della bici, facendo volare la donna contro il parabrezza dell’auto.
Ormai, purtroppo, è troppo tardi per poter rimediare a quanto accaduto in quella tragica serata. Ora il 30enne è a processo con l’accusa di omicidio colposo e il prossimo 22 aprile sarà chiamato in tribunale a raccontare la propria versione dei fatti. Sempre per quella data è fissata la requisitoria delle parti e la sentenza del giudice.
Tiziano Scolari
b.melazzini
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