Apprendisti e stregoni La realtà è diversa

Vendesi, affittasi. Vendesi, affittasi. Vendesi, affittasi. Provate a partire da Saronno e a fare rotta su Tradate. Sulla statale varesina non vedrete altro. Cartelli di cessata attività. Fabbriche dismesse. Cancelli chiusi, portoni serrati, erba alta, parcheggi vuoti. E’ questo che stanno diventando i punti nevralgici del sistema Varese. Cimiteri. Paesaggi apocalittici. Come quei film che immaginano gli scenari post atomici: Mad Max, The Day After, The Road, Codice Genesi. Ogni luogo diventa un non luogo. Privo di identità, di forma, di anima. Succede in molte altre parti d’Italia.

Ma qui, nel nostro territorio, l’impatto è ancor più triste. Ancor più evidente e drammatico. Piangersi addosso non serve. E soprattutto non basta. Occorre reagire. Ma come? Matteo Renzi è salito al governo portando con sé slogan tipo “cambiare verso”. Ma qui il verso è sempre lo stesso. E non è per piagnucolare, fare i lamentosi, né per ingrossare le schiere di quelli per cui chi guida il Paese ha sempre e comunque torto. Però guardiamo da vicino come stanno le cose. Partendo dalla misura più chiassosa: gli 80 euro in più. Meglio di niente, certo. Anche se sono curioso di vederli da vicino. E comunque, troppo pochi per riattivare i consumi e troppo sbilanciati sul lavoratore per poter giovare all’impresa. Già, l’impresa. Attendeva con ansia il decreto lavoro e, soprattutto, l’azzeramento della legge Fornero. Invece, il peccato originale è rimasto integro.

Ed è un peccato che ignora la piccola impresa, accomunando le esigenze di quest’ultima con quelle della grande industria. Siamo ancora fermi lì, dunque? A un Paese che pensa alle Pmi guadando la Fiat? Sembra assurdo, ma è così.

Un esempio? Guardate le novità che regolano Apprendistato e Formazione. Ditemi voi che senso hanno in un Paese pieno di aziende medie, piccole e piccolissime. Quando una piccola impresa recluta un giovane apprendista lo fa perché ci crede e perché ne ha bisogno. Lo fa per investire su di lui, come su qualunque altro dei suoi (pochi) dipendenti. Chi mai può pensare che, una volta coinvolto, lo si mandi altrove, magari in una grigia aula regionale ad ascoltare qualche inutile lezione? Il lavoro non è teoria. È pratica quotidiana, incessante, che reca in sé una forte componente formativa: la chiamano “esperienza sul campo”. Ciò non significa che la formazione sia sbagliata, ci mancherebbe. Ma occorre modularla e differenziarla in base alla realtà cui si applica.

E i contratti a termine? Vogliono ridurre da 8 a 5 i rinnovi effettuabili nell’arco di 36 mesi. Idea geniale, sbotta un artigiano: invece di stimolare le assunzioni, riducono la durata delle collaborazioni. Ma allora perché, vi chiederete, certi ministri insistono nel dire che questo provvedimento incoraggerà la ripresa dell’occupazione? Francamente, non lo so.

Forse sono afflitti da quella patologia tutta italiana che vede il lavoro come qualcosa di avulso dalla realtà. Come se impresa e lavoro fossero variabili indipendenti e l’uno potesse esistere senza l’altro.

Un equivoco storico e deleterio, particolarmente diffuso tra i burocrati. Gli stessi che, quando sono in auto, i cartelli vendesi, neanche li vedono.

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