ARCISATE L’impressione è una sola: fino a quando non si arriverà a una soluzione per lo smaltimento delle terre all’arsenico il cantiere non riprenderà a pieno regime.
Per rivedere quindi marciare l’Arcisate-Stabio occorrerà tempo, soprattutto finché non sarà chiaro dove andare a depositare il materiale fino ad oggi rimosso. Senza questa soluzione difficilmente il cantiere diventerà operativo al cento per cento. Anche perché, già depositati sul perimetro delle lavorazioni, non ci sono, come si era sempre creduto, 200 mila metri cubi di sabbie, sassi e rocce. Secondo stime tecniche, da trasportare ci sarebbe almeno il doppio del quantitativo. Per questo la Regione prova a stringere i tempi sulle due proposte: la cava Femar di Viggiù oppure l’ipotesi iniziale, quella della cava Rainer di Arcisate, ma solo dopo aver ripetuto le analisi dei terreni. Entrambe le soluzioni, però, necessitano di tempo e problemi da superare.
E in attesa di una svolta i cantieri sono fermi. Stop che innalza il livello di preoccupazione: al punto che il presidente della Regione Roberto Maroni ha chiesto un incontro con l’amministratore delegato delle ferrovie Mauro Moretti proprio per sbloccare la situazione. Intanto i sindaci del territorio non possono far altro che constatare la mancata ripartenza dei lavori.
In questi giorni i contatti in Valceresio sono febbrili. E la presidente della Comunità Montana del Piambello Maria Sole De Medio, annuncia una nuova riunione nei prossimi giorni. «Nessuno si aspettava di vedere trivelle o gru subito a pieno regime, ha detto ma, possiamo dirlo senza timore di essere smentiti, da lunedì, data fissata per la ripartenza del cantiere, qui non è accaduto nulla». Ecco perché ci si prepara anche a iniziative forti.
«Non è questione di creare allarmismi ma devono essere trovate soluzioni a breve. La Regione, questo posso dirlo con certezza, sta lavorando insieme ai sindaci per cercare una soluzione al problema dello stoccaggio delle terre contenenti arsenico, un problema che si deve comunque affrontare perché altrimenti le lavorazioni non potranno mai riprendere pienamente».
Si aspettano segnali che facciano ber sperare un territorio intero. «Altrimenti – avverte il sindaco di Induno Olona, Maria Angela Bianchi – porteremo la nostra voce anche a Milano e Roma. I motori della nostra protesta sono sempre più caldi».
m.sada
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