Artigiani contro banche Video-sfoghi sulla Rete

Credito impossibile? Confartigianato Varese prova a scoprirlo con una video-inchiesta. Da cui emerge il “corto-circuito” del credito, nel botta e risposta tra imprenditori e istituti bancari.

«Siamo ingessati, senza soldi non riusciamo a stare dietro agli ordinativi» denuncia l’artigiano . «C’è liquidità, ma manca una buona domanda di credito» ribattono i rappresentanti del mondo creditizio.

Cosa sta succedendo, davvero, tra imprese e banche? È la domanda a cui tenta di dare una risposta Confartigianato Imprese Varese, che ieri ha lanciato dal suo canale Youtube una video-inchiesta a puntate, un work in progress dal titolo “Il credito (im)possibile”.

Un viaggio tra aziende e istituti di credito per capire se lo stallo può essere superato o no. Ma anche per provare a ricucire un dialogo che in questi anni sembra venuto meno.

La stretta creditizia, iniziata nel 2009 all’indomani della crisi internazionale, continua a rimanere un grattacapo per le piccole e medie imprese, soprattutto per quelle sotto i 15 dipendenti che non hanno da preoccuparsi dell’articolo 18. Anche per chi vorrebbe ripartire. «In questo momento ho molti ordini in arrivo, ma pochi soldi per anticipare il materiale e coprire i costi di lavorazione degli ordini stessi» fa notare Alberto Vanzini, artigiano meccanico di Jerago con Orago che negli anni della crisi è stato costretto a dimezzare fino a otto dipendenti la propria forza lavoro.

«È un cane che si morde la coda, perché la cosa grave che sta avvenendo in questo momento e che andrebbe risolta è che si stanno accavallando due situazioni opposte tra loro: stiamo rendendo alle banche i finanziamenti del 2009 ma avremmo bisogno di altri finanziamenti per far fronte all’aumento degli ordini».

Un vero e proprio corto circuito da cui non si riesce a venire a capo. «Siamo ingessati» ammette Vanzini, che non a caso cinque anni fa fu tra i promotori delle adunate spontanee dei “piccoli” a Jerago e Besnate, partite proprio quando gli istituti di crediti iniziarono a chiudere i rubinetti. «È desolante vedere le macchine ferme, con gli impianti che lavorano al 45-50%».

La soluzione? «Forme alternative di finanziamento. Dobbiamo svincolarci dalle banche» secondo Vanzini. Uno stallo, confermato dai numeri (meno 6,7% di finanziamenti alle imprese nel 2013 in Lombardia) ma anche dagli stessi rappresentanti del mondo creditizio, intervistati nella video-inchiesta di Confartigianato Varese.

Gregorio De Felice (Intesa San Paolo) ammette: «La liquidità c’è, manca la qualità della domanda di credito. Ce n’è molta rischiosa, per sopravvivere». Così una delle vie d’uscita, oltre alla «patrimonializzazione» delle imprese, è quella di «attivare canali alternativi», perché oggi «il sistema finanziario è troppo banco-centrico».

Monica Cellerino (Unicredit) conferma che le richieste di finanziamento hanno come «priorità quella di ridurre l’indebitamento piuttosto che fare investimenti» e indica la strada del «reverse factoring», affidamenti “di filiera” per far sì che le piccole imprese siano sostenute dalle grandi con cui lavorano in rete. Insomma, quasi prove di “divorzio consensuale” tra banche e imprese.


http://www.asarva.org/2014/09/grandi-banche-piccolo-credito/

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