«Artigiani delle note, usate la tecnologia» L’Oscar Piovani dà una lezione di futuro

Il grande pianista e compositore alla Liuc ha fatto riflettere: «Il cinematografo? Rito in via d’estinzione. Siamo all’accanimento: non c’è red carpet che lo salverà. Sì all’evoluzione hi-tech ma se c’è il mestiere»

– La lezione del premio Oscar Nicola Piovani: «Il cinematografo è un rituale in via di estinzione. È il teatro il linguaggio del futuro». E la tecnologia è un’opportunità per gli “artigiani” della musica: «Serve, purché sia messa in mano ad un artista che ha qualcosa da dire».
Inizia alla grande il progetto “Arti, cultura e tecnologie” dell’università Cattaneo, con la lezione del maestro Nicola Piovani, pianista e compositore, premio Oscar come miglior colonna sonora nel ’99 con “La vita è bella” di Roberto Benigni.

Un ciclo di incontri che, come rivela il neo-rettore Federico Visconti, punta a «facilitare l’apprendimento e la riflessione sulle contaminazioni con la realtà, all’insegna di un collegamento tra università, cultura e industria che è elemento distintivo» dell’ateneo delle imprese varesine.
Accompagnato dal musicologo Claudio Ricordi e dai docenti della scuola di musica “Claudio Abbado” Massimo Mariani e Alberto Morelli, il grande Piovani ha lasciato il segno con le parole, parlando di cinema e tecnologia,

oltre che con la musica, visto che in serata è stato protagonista dell’evento inaugurale della rassegna “Il grande jazz…all’università”.
«Tutto si basava su un fatto sociale che ormai è sparito, la preziosità dell’immagine» il concetto espresso dal premio Oscar. Per spiegarlo, un aneddoto: «La prima tv privata messa in pubblico a Roma, negli anni Cinquanta alla sede del “Messaggero”, mostrava quello che succedeva all’altro angolo del palazzo, ma la fila di gente era lunghissima». Oggi quel “mito” sta per esaurirsi: «Il cinematografo è un rituale in via di estinzione – sottolinea il maestro Piovani – se togliamo i film per bambini e quelli con gli effetti speciale cosa rimane? A parte il mercato cinese…».
«Di cinema oggi se ne fruisce molto più di prima, ma non più con il rituale della visione collettiva, che però è consustanziale a quell’opera, come Antigone deve essere messo in scena in un teatro greco».

Quel rituale, racconta il maestro, «per cui si entrava in sala, si faceva buio, poi silenzio, e alla fine si usciva dando un giudizio sul film. C’è una struttura intera, che ha un inizio e una fine, non un flusso indifferente come quello dei film di oggi, in cui si può mandare avanti quando ci si annoia. Non è più la stessa lingua».
Una trasformazione che prelude, secondo Piovani, ad una nuova era: «Una rivincita del teatro? La realtà dice che aumentano gli spettatori degli spettacoli dal vivo mentre sono imbarazzanti i numeri nei cinematografi – spiega il compositore – io stesso al Festival del Cinema di Stoccolma ho dato un concerto di fronte a una sala stracolma di gente, mentre la sera dopo ho preso parte alla inaugurazione del Festival di fronte a 25 persone».
«Siamo all’accanimento terapeutico, non c’è red carpet che possa salvare il cinema. Se il vincitore di Cannes fa 90mila euro di incassi nelle nostre sale, non si può girare la testa dall’altra parte, bisogna riflettere. È il teatro il linguaggio del futuro, è una mia convinzione». Ma non è la tecnologia a “uccidere” il cinema, anzi. «Sulla tecnologia sono ottimista – ammette Piovani – ho visto una moltiplicazione di tecnologie nel corso della mia carriera, pensiamo solo a come ha cambiato le cose il montaggio Avid. Poi c’è sempre qualcuno che rimpiange il passato, è un ritornello che si ripete da sempre: ma la tecnologia non mi preoccupa, si usa. Se è in mano ad un artista che ha qualcosa da dire, è molto più importante del rutilare tecnologico fine a se stesso. Perché una bufala, anche a milioni di pixel, resta una bufala».
E dall’epoca dei “rumoristi”, di passi ne sono stati fatti: «Chi lavora nel cinema deve sapere come funziona un nastro o, oggi, “Pro Tools”, lo strumento tecnologico più avanzato per il montaggio, che ha rivoluzionato la musica per il cinema e il video».

Una tecnologia che aiuta, anche se al termine “sound designer”, Piovani fa una smorfia: «Quando le professioni si indicano in americano, sotto sotto c’è una magagna…». Ma il mestiere del compositore di cinema in fondo richiede «la genialità dei grandi artigiani», quella che aveva Nino Rota: «Per me è stato un maestro, un faro, mi ha fatto capire che questo lavoro ha una dignità artistica altissima – ammette Piovani – le sue colonne per Fellini hanno modificato il rapporto tra musica e immagine».
Ma in generale in Italia, ricorda il maestro, «abbiamo avuto una scuola di musica da film di una creatività scioccante. Dalle invenzioni di Cicognini e Lavagnino, ad una genialità creativa rivoluzionaria rispetto al mondo hollywoodiano, come “Miracolo a Milano” ad Ennio Morricone».