Stefano Zanini domenica ha vissuto una giornata da ricordare, da incorniciare in un quadro e da appendere alla parete. Come cantava nel lontano 1997 Max Pezzali, «basta un giorno così a cancellare 120 giorni stronzi».
Perdonateci il francesismo, e perdonateci soprattutto se insistiamo: perché per l’Astana, per il ciclismo italiano e per Zanini stesso sono stati davvero giorni stronzi. Con poche gioie sulla strada, fino al recente Delfinato, con l’infortunio di Aru, con la morte di Michele Scarponi.
Mesi che, loro malgrado, hanno lasciato un segno indelebile su coloro che consideravano Michele un fratello più che un compagno di squadra. La domenica tricolore di Fabio Aru ha un significato che trascende dalla sola, e non è poco, vittoria sportiva. È un punto di ripartenza, una gioia come se ne erano vissute poche negli ultimi tempi. Un’emozione che giustamente ci facciamo raccontare da Stefano Zanini stesso, che domenica era al traguardo a festeggiare al fianco del “cavaliere dei quattro mori”.
Da tanto. Quest’anno è andata un po’ così, siamo stati colpiti da una serie di sfortune sia a livello di squadra che generale. Abbiamo vinto poco e questa vittoria di Fabio, insieme a quelle di Jakob Fuglsang al Delfinato, ci hanno fatto assolutamente bene. Soprattutto queste ultime due che ci permetteranno di affrontare il Tour de France in massima tranquillità, con la consapevolezza di poter far bene.
Ammetto che non pensavo andasse così forte al Delfinato due settimane fa, ma già la sua condizione attuale ci sta di più. Dopo un lungo periodo di gare, alla prima corsa a cui partecipi è normale che tu faccia un po’ più di fatica, lui invece si è dimostrato forte già dal Delfinato. Direi anche che è magro come mai lo avevo visto prima: è sotto i 60 chili, ed è la dimostrazione che ha fatto un lavoro straordinario dopo l’infortunio pre-Giro. È stato super concentrato e motivato, come lo è sempre. Poi credo che tutto ciò che è successo in questi mesi ci abbia dato qualcosa di più. Abbiamo una motivazione in più per dare il massimo, una spinta importante che ci aiuta.
Il lavoro della squadra, secondo me. Ed è per questo che andiamo al Tour con la consapevolezza di poter fare molto bene. Domenica fin dai primi chilometri i compagni di squadra hanno supportato Aru, penso che sia stata una dimostrazione di forza molto importante. Dario Cataldo in salita ha fatto un lavoro straordinario: prima della prova tricolore a cronometro, era rimasto sempre fermo dalla fine del Giro. Poi, come detto, avere due capitani come Aru e Fuglsang al Tour, soprattutto in queste condizioni, ci concede una tranquillità assoluta.
È da domenica che in molti hanno rivisto questa analogia e ci pensano. Io cosa posso dire, speriamo che si ripeta un cammino del genere. Con tutti gli scongiuri possibili ed immaginabili, perché no? Sarebbe fantastico.
Quest’anno no, dopo aver fatto il Giro d’Italia avrò modo di riposare un po’ fino al Tour di Polonia, che partirà il 29 luglio. Dopodiché seguirò qualche classica tra agosto e settembre prima di iniziare il calendario italiano che si chiuderà con il Lombardia.