Assalto ai ristorni «Meno tasse in Italia se rivolete i capitali»

«I ristorni dei frontalieri sono ancora a rischio». L’allarme, sul 38% delle tasse versate dai lavoratori del Varesotto direttamente al fisco ticinese e poi riversate ai comuni di confine di provenienza, torna a livelli di guardia. Per l’ennesima volta negli ultimi anni.

A far innalzare la tensione, in questo caso, è un duplice passaggio. Il primo è rappresentato dalla richiesta formale di revisione del trattato sull’imposizione dei frontalieri avanzata dal Partito liberale radicale ticinese; il secondo dall’approssimarsi dell’accordo tra Italia e Svizzera sui capitali tricolori detenuti nei forzieri rossocrociati. Accordo che potrebbe avere come moneta di scambio – peraltro invocata da più parti oltre confine – proprio la riduzione, e drastica, della quota del 38%. Da qui tutta una serie di segnali di pericolo. Portati all’attenzione pubblica da Stefano Bragnuolo, segretario del Partito democratico di Luino e responsabile delle tematiche del frontalierato.

«A stretto giro di posta – conferma Bragnuolo – l’Italia concluderà con il governo svizzero la trattativa relativa al rientro di capitali detenuti all’estero. Dal punto di vista etico l’operazione, soprattutto in questi momenti di crisi economica, va nel verso giusto e dimostra come la lotta all’evasione fiscale debba essere uno dei primi punti di tutti i governi. Però, per quanto riguarda i comuni di frontiera e i lavoratori frontalieri, questo accordo potrebbe celare qualche ripercussione di non poco conto».

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