La notizia del massacro di Parigi ha scosso due volte Alain Baclet, l’attaccante della Pro Patria.
Prima perché è francese, poi perché è musulmano. Ed è proprio quest’ultima cosa che lo ha maggiormente ferito e tradito perché «l’Islam non predica la violenza, è una religione e in quanto tale non può fare del male alle persone», le prime parole del giocatore tigrotto dopo aver appreso dell’attentato.
Lui è in Italia da diversi anni ed ha pure avuto modo di percorrere la penisola, conoscendo gli usi e costumi di Arezzo, Caserta, Novara e Busto, le città dove ha giocato e si è fatto ovunque diversi amici. Il centravanti biancoblù è uno tantissimi esempi di integrazione con la cultura del nostro paese. Purtroppo fanno più notizia i fatti violenti e quelli tragici di fanatismo delle tantissime storie di come si possa convivere con culture e religioni diverse in maniera pacifica e nel pieno rispetto delle proprie idee.
Nasce anche da qui «il dolore nel vedere uccisa della gente tranquilla che lavora. Hanno pagato con la vita perché il loro giornale ha fatto satira su Maometto: tutto ciò non può e non deve succedere».
Perché tanta violenza, con attentati sia in Europa che negli stessi paesi arabi che uccidono anche persone della stessa religione islamica? Baclet non sa darsi una risposta, « evidentemente qualcuno mischia la religione con questi atti violenti che non fanno parte del nostro modo di ragionare e concepire l’Islam. Tutto ciò provoca dispiacere perché noi musulmani non siamo gente violenta; questi attentati ci mettono in cattiva luce con il mondo. La gente poi pensa che il musulmano sia un violento o un fanatico mentre invece solo una piccolissima parte si macchia di queste cose terribili: uccidendo uomini e donne purtroppo fanno del male a tutti noi musulmani che viviamo nel mondo in modo pacifico. Hanno buon gioco giornali e tv, poi, ad accomunarci tutti ai terroristi».
Quali sentimenti e sensazioni prova chi è lontano dalla propria nazione quando è colpita da fatti drammatici che fanno parlare tutto il mondo? Baclet non nasconde di sentirsi dentro «qualcosa di strano perché tu sei lontano e là, a casa tua, sta succedendo qualcosa di brutta». I suoi genitori abitano a Lille «cioè a nord di Parigi, ma non li ho ancora sentiti; di queste cose ho parlato con la mia ragazza e appena tornato dall’allenamento mi sono messo su internet per informami e sapere se poi questa gente che ha fatto del male è stata presa».
Come fare per isolare e combattere queste frange violente che portano morte e non rispettano i principi della religione musulmana? Non servirebbe forse una reazione forte da parte dei veri islamici? Baclet pensa ad un’azione di polizia e in primis di intelligence: «Bisogna infiltrarsi tra di loro per impedire che avvengano queste cose; è gente che non ragiona e, oltre a far del male uccidendo, fa del male a noi. Che altro devo dire? Sono già avvenuti, sempre in Francia, attentati simili, seppur mai di questa gravità inaudita: dentro ti senti male perché quando vieni educato da piccolo, ti insegnano certe cose che non sono certamente ammazzare la gente. Mi dispiace e spero che lo sport aiuti a fare del bene anche in questo».