Per l’Italia impedire una crisi del sistema bancario è un’esigenza senza alternative. Una iniziativa del Governo, con il doveroso consenso dell’Europa, appare quindi 1) possibile, sotto un profilo giuridico; 2) praticabile, per la disponibilità delle risorse finanziare; 3) necessaria, per ridare fiducia al credito. Le difficoltà delle banche italiane derivano da tre elementi. In primo piano c’è la crisi che dal 2008 ha provocato perdite di posti di lavoro, difficoltà per famiglie e imprese. Poi c’è
la gestione operativa che in troppi casi non ha rispettato le regole della prudenza. E infine ci sono i ritardi della politica che è intervenuta con riforme inutili e provvedimenti solo annunciati. Vale tuttavia oggi più che mai quanto è stato detto dopo il fallimento nel 2008 di Lehman Brothers: i danni provocati all’economia sono stati infinitamente superiori di quanto sarebbe costato salvare la banca. Certo, salvare le banche deve voler dire proteggere i risparmiatori, non assolvere i banchieri. Deve voler dire aiutare chi è in difficoltà nell’onorare prestiti e mutui. Si tratta quindi di un’operazione che deve prevedere un intervento mirato ed efficace con denaro pubblico. Sarebbe il caso che in questa occasione l’Europa dimostrasse spirito di iniziativa. Ogni mese la BCE immette sul mercato 80 miliardi di euro. I soldi quindi ci sono. Sarebbe una grave colpa se per questioni di principio non si aiutassero le banche ad uscire dal vicolo cieco in cui si sono in parte cacciate e in parte trovate. Ieri Piazza Affari è salita di quasi il tre per cento trainata proprio dai titoli bancari. I mercati finanziari ci credono. C’è da sperare che non si sbaglino.