Francoforte, 3 nov. (TMNews) – Un taglio dei tassi di interesse che ha colto tutti di sorpresa ha contrassegnato il debutto vero e proprio di Mario Draghi alla presidenza del Consiglio direttivo della Banca centrale europea. E con quella che potrebbe apparire anche una affermazione personale del nuovo timoniere, cui vengono riconosciute doti di abile mediatore, la decisione di ridurre di 0,25 punti – dall’1,50 all’1,25 per cento – il costo del danaro dell’area euro è stata presa “all’unanimità”. Lo ha precisato lo stesso Draghi durante la conferenza stampa esplicativa al termine del direttorio. Un cambiamento di rotta che è stato accolto positivamente dai mercati, da giorni sotto alta tensione a causa della Grecia e del suo referendum sull’austerità che ora però potrebbe sfumare.
Tutto bene quindi? Non proprio, perché il ritocco sui tassi della Bce è l’ennesimo segnale di una congiuntura economica che sta rapidamente degenerando. E’ stato proprio il neo presidente a spiegare che la decisione è stata presa alla luce di una molteplicità di indicatori che puntano al rallentamento dell’attività. Si profila una “consistente revisione al ribasso” delle previsioni di crescita economica da parte dei tecnici della Bce, che verranno aggiornate il mese prossimo. Si rischia perfino una “lieve recessione” sul finale dell’anno, ha detto Draghi. Tanto che a fronte di una inflazione media dell’area euro attualmente al 3 per cento, i banchieri centrali prevedono un suo rientro sotto il 2 per cento il prossimo anno.
I tassi di interesse sono il principale strumento con cui le istituzioni monetarie possono cercare di contrastare le pressioni inflattive. Con il ritocco di oggi la Bce si attende che il prossimo anno il caro vita resti in linea con i suoi obiettivi di stabilità, che la vogliono inferiore ma prossima al 2 per cento. Ma questo rischio di “lieve recessione”, citato da Draghi in risposta ad una domanda, potrebbe essere preludio di altri futuri taglio dei tassi. L’unanimità di oggi segna poi un netto mutamento di quadro nel Consiglio direttivo, che solo un mese fa l’allora presidente Jean-Claude Trichet aveva ammesso esser diviso sul da farsi: aveva deciso a maggioranza sui tassi e peraltro l’ipotesi di un taglio non era stata nemmeno discussa.
Ma appunto c’è poco da festeggiare per Draghi su questa ritrovata coralità (che coincide con la sua assunzione di guida alla Bce). Perché di fondo resta un quadro altamente allarmistico sui debiti pubblici nell’area euro, in cui come si è visto in questi giorni i mercati possono cambiare orientamento e tornare a crollare con estrema facilità. Perduranti tensioni che sono tra i fattori che stanno “intaccando” la ripresa economica, ha notato Draghi, perché questo quadro mina il clima di fiducia di imprese e famiglie. E questo più che la Bce chiama in causa i governi.
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