Più forte. Delle avversarie, certo. Ma soprattutto di lui, del dolore. Perché lei, Bebe Vio, quella meningite che la colpì a undici anni causandole l’amputazione degli arti l’ha battuta. O meglio umiliata, cancellata. Lo ha fatto a colpi di fioretto. Con quella scherma che è sempre stata la sua vita e che è stata anche la sua preziosissima alleata nella sua rinascita. Fino alla splendida conquista dell’oro nelle Paralimpiadi di Rio del 2016 quando in finale ebbe ragione della cinese Zhou Jingjing.
La campionessa italiana della kermesse a cinque cerchi brasiliana si è concessa all’abbraccio di un folto pubblico partecipando a un incontro a Tradate L’appuntamento, svoltosi alla biblioteca Frera, si inquadrava nel panorama delle iniziative dal titolo “Tradate è cultura” ed era intitolata con il libro in cui Bebe ha voluto raccontarsi; della maledizione che il destino le aveva inflitto e del modo in cui è riuscita a farsene beffe: “Mi hanno regalato un sogno”. Il suo mondo, fatto di semplicità, passione agonistica, determinazione, voglia di lottare sempre senza mai alzare bandiera bianca alle avversità lo ha rivelato soprattutto ai tanti ragazzi che sono intervenuti per ascoltarla. E le domande le ha volute soprattutto da loro, dopo avere risposto a quelle del giornalista che spronò lei e la famiglia a credere nelle sue qualità di sportiva.
Bebe ha sfoderato fin dall’inizio tutta la freschezza e la simpatia dei suoi vent’anni compiuti da pochi giorni. Sempre pronta a sfornare battute, anche sulle sue protesi alle mani: «Sono qua con le mani in mano» ha affermato con grande simpatia. Poi, facendosi seria «con le altre mani posso fare tantissime cose, anche mangiare il sushi che mi piace tanto, fare diversi movimenti particolari, mi impegnano meno la spalla». E poi, un appello ai ragazzi, serissimo e ancora nutrito di contagiosa simpatia e genuinità
al tempo stesso: credete nei vostri sogni, se li tenete nel cassetto e basta non servirà a nulla, dovete lottare per realizzarli. Come ha fatto lei da quel giorno in cui, uscendo da una palestra in cui si praticava la pallavolo che non gradiva molto, uscì «e finì in una palestra dove si praticava la scherma, vidi come tanti Zorro, un signore con la barba che fu il mio primo allenatore si avvicinò e mi chiese di provare, con la scherma fu amore a prima vista». Che non l’ha lasciata più. Così come l’amore per il mondo degli scout, la sua grande passione. Sempre sorretta dalla sua grande famiglia «una grande squadra – ha detto – con la passione per lo sport». Con la madre ha fondato un’associazione ,”Art 4 Sport”, con cui aiuta a praticare discipline sportive ventuno ragazzi di età compresa tra 6 e 22 anni che hanno, come lei, dovuto fare i conti con menomazioni agli arti. Storia di Bebe, una grande ragazza con un grande sogno.