Napoli, 1 lug. (Apcom) – La città che lo ha sempre osannato, che
gli ha riservato solo “tuffi nel cuore della gente” – anche
quando il suo Milan si batteva testa a testa lo scudetto con il
Napoli di Maradona – questa volta riserva una brutta sorpresa a
Silvio Berlusconi. Nella due giorni nel capoluogo campano il
premier ha infatti collezionato due contestazioni. Poco numerose,
per la verità. Ma molto rumorose. Fischi e insulti che non lo
hanno lasciato indifferente anche se provenienti da disoccupati
dell’Atitech e della Tirrena che viaggiano in cattive acque ormai
da mesi e con problemi, come ammette lo stesso sottosegretario
Letta, che sono ben noti all’esecutivo.
Ma poco importa. E subito, prima di infilarsi al Teatro San Carlo
per l’assemblea degli industriali della provincia di Napoli e per
partecipare alla consegna dei premi per i “napoletani eccellenti
nel mondo” tiene a precisare a vantaggio delle telecamere che
“quelli che sentite sono gli insulti organizzati dalla sinistra.
Li conosciamo bene e questa sinistra si dovrebbe vergognare”.
Lontano dal rispetto – che poco dopo indicherà addirittura come
un “imperativo categorico” – dell’appello di Napolitano, il
premier si lascia andare al suo vecchio sfogo contro la sinistra
dicendo che “abbiamo, ahimè, questa sinistra che in effetti è la
nemica del Paese”.
Una nemica che costringe l’Italia a muoversi per piccoli passi,
con piccoli avanzamenti. Troppo concentrata nel suo odio e nella
sua invidia e dimentica del bene comune del Paese che invece – è
stato il suo ragionamento – è ben chiaro nella testa del governo.
“Noi – ha detto alla platea degli industriali della provincia di
Napoli – potremmo fare di più, come ci chiede anche la presidente
Marcegaglia, se ci fosse meno invidia personale e meno odio
politico fra le parti”. Odio che lo stesso Napolitano ha chiesto
di mettere da parte. Almeno per tutta la durata del G8.
Ricorda il premier: “il presidente della Repubblica ha detto
basta, diamo tregua. Io penso e spero che venga seguito il suo
suggerimento, il suo consiglio, questo imperativo categorico
perché il G8 sarà una cosa importante”. Un vertice, fa presente
Berlusconi, che guarderà ai problemi della gente e che avrà come
slogan principale quel “people first” che non viene recepito
però all’esterno del teatro. E quei contestatori verranno
presentati alla platea di imprenditori come “i soliti cinquanta
ragazzotti che la Cgil mi manda dietro per insultarmi e
attaccarmi con improperi inimmaginabili”.
Profetizzando i titoli dei giornali del giorno dopo (“Berlusconi
fischiato”) il premier tiene però a precisare che le realtà sono
due. Quella riportata dai quotidiani e che scalda le piazze dei
contestatori (sobillate, ovviamente dalla sinistra), e quella del
governo e degli imprenditori che lavorano per il bene del Paese.
E dunque, scandisce ad una platea generosa di applausi: “io se
che la Napoli vera siete voi, non loro”.
Guardando al governo Berlusconi assicura che “è fortissimo,
legato da grande amicizia, da grande rispetto e da grande
capacità di lavoro”. Che è un governo con molte cose fatte alle
spalle, ma tantissime ancora da fare “per le quali – puntualizza
riferendosi soprattutto alle riforme – abbiamo le idee ben
chiare”.
“Abbiamo fatto la riforma della giustizia civile che adesso
dovremo applicare, mentre stiamo cominciando a fare quella della
giustizia penale. C’e’ poi la riforma delle riforme quella della
pubblica amministrazione che stiamo riorganizzando dal profondo”.
Andiamo avanti, dice insomma il premier, che pur lamentando le
difficoltà che derivano dall’invidia personale e dall’odio
politico che impedisce alle parti di dialogare tra le parti,
assicura di non voler mancare l’obiettivo riformatore. E `alle
armi’ chiama direttamente gli imprenditori a cui fa presente che
è “il momento di tirarsi su le maniche insieme. Solo cosí si puó
dar vita a una rivoluzione positiva” ma solo se si capisce che
“oltre all’impegno privato” bisogna affiancare “un impegno
pubblico, perchè non basta saper criticare” ciò che fanno gli
altri.
Pda
MAZ
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