La Cassazione ha confermato. la sentenza che condannava Silvio Berlusconi a 4 anni ma ha rigettato l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici e ha rinviato alla Corte d’Appello gli atti per la rideterminazione dell’interdizione che deve essere prevista fra gli uno e i tre anni.
Dopo un lungo vertice notturno, il Cavaliere ha commentato in termini durissimi con un videomessaggio. Ma per ora il governo pare al riparo nonostante una presa di posizione del Pd che chiede al Pdl di rispettare la sentenza e comportarsi di conseguenza.
Berlusconi nella notte ha ripetuto i giudizi del passato, parlando di «accanimento senza eguali» e di «azione fuorviante di pm dal 92-93» e accusando parte della magistratura di essere irresponsabile.
Berlusconi ha annunciato che resterà in campo ma «con Forza Italia e diremo agli italiani di ridarci la maggioranza». Non è mancato un accenno di amarezza, quando ha ricordato i «20 anni di sacrifici e questo è il premio». Ma in ogni caso ha , dopo aver definito la sentenza confermata come «basata sul nulla» ha annunciato che resterà in campo – anche se va ricordato che per la legge anticorruzione, in una prossima tornata elettorale, lo stesso Berlusconi non potrà più essere candidato al di là della interdizione – in particolare per portare avanti la riforma della giustizia.
Un ’’preciso progetto di evasione’’ che si è sviluppato in ’’un arco temporale molto ampio’’ e con ’’modalità molto sofisticate’’ di cui Silvio Berlusconi sarebbe stato il “regista” e che è proseguito dopo la sua ’’discesa in campo’’, anche quando era capo del Governo.
Questo era contestato al Cavaliere nel processo sulle presunte irregolarità nella compravendita dei diritti tv Mediaset nel quale è stato condannato in primo e secondo grado a 4 anni di carcere e a cinque di interdizione per una frode fiscale relativa al 2002 e al 2003 (per i due anni precedenti è caduta in prescrizione) che ammonta a 7,3 milioni di euro. Secondo la ricostruzione delle indagini milanesi il meccanismo alla base del presunto ’’preciso progetto di evasione’’ è riconducibile all’interposizione fittizia di società.
Per l’accusa, in questo caso, Mediaset dichiarava l’acquisto di un determinato film da una major americana (ad esempio la Paramount Pictures) ad una certa cifra, quando in realtà il film ne costava una inferiore. Così facendo, la società faceva fuoriuscire dall’Italia la differenza di costo versata per ogni film. Una cifra che veniva peraltro iscritta a bilancio come costo della società, e quindi deducibile ai fini fiscali, mentre in realtà quelle somme sarebbero transitate all’estero su conti riconducibili a terzi.
L’interposizione “fittizia” si concretizzava nell’operato delle società intermediarie che rivendevano il film a Mediaset, le quali operavano in America acquistando i diritti dalla major, per poi dichiarare di rivenderli a Mediaset dopo una serie di compravendite fra società, che portavano al rincaro progressivo del prezzo. Tutto questo con il solo scopo di creare una serie di operazioni fittizie, di pura contabilità, che giustificassero i successivi rincari del film. L’Erario così avrebbe incassato minori imposte per effetto di “indebita deduzione di costi fittizi” e “maggiori quote di ammortamento fiscalmente deducibili”.
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