Ho conosciuto Bilal alla fine di aprile del 2013, abbiamo trascorso un mese assieme in un appartamento di Calle de Chinchilla, nel pieno centro di Madrid.
Entrambi giovani, appena laureati, ognuno con le proprie esperienze di vita e i propri sogni. , che ha passato tre mesi nella capitale spagnola per lavorare in un hotel nel , lo stesso quartiere che nel 2004 fu colpito da un attacco terroristico, all’interno della stazione. A fine maggio dello stesso anno le nostre strade si dividono, Bilal fa ritorno in Belgio, ed io continuo per un altro paio di mesi la mia esperienza in terra iberica.
Il viaggio programmato per l’appuntamento cestistico Ostenda-Varese diventa quindi l’, dopo due anni e mezzo. Bilal è un belga di seconda generazione, come tanti suoi coetanei a Bruxelles, ma è . Gli hanno colpito da vicino anche lui, perché musulmano e perché residente a Bruxelles, nel quartiere Evere, poco fuori dal centro. Penso di conoscere Bilal abbastanza bene da non dovergli chiedere di dissociarsi da quanto successo. Ci pensa lui a riassicurarmi: «Bruxelles è tranquilla, amico. Qui non è cambiato nulla, . La gente non può pensare che ogni musulmano sia come loro». Bilal ci raggiunge in Rue de Woeringen, ci offre un caffè ed inizia a parlare con entusiasmo del suo viaggio in Italia, del suo amore per la Sicilia e della sua voglia sfrenata di tornare nel nostro paese. Però il discorso tira presto su Bruxelles, Parigi, e tanto altro. Una passione comune è il calcio, ed il caso cade a fagiolo: «Io lavoro nell’hotel che ha ospitato prima la nazionale italiana ed in questi giorni anche la dopo la decisione di sospendere la partita. Non credo sia stata la soluzione migliore,a chi ha voluto tutto questo terrore. Non sono per nulla d’accordo». E non è d’accordo nemmeno con chi ha intasato le bacheche Facebook con i tricolori francesi: «con le foto di mille paesi che sono stati bombardati o oggetto di attacchi terroristici. Così facciamo sembrare come se ci fosse un mondo di serie a ed uno di serie b. Però con questo , anzi, credo che sia stato un atto davvero orribile, sono rimasto sconcertato».
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1. Quel simbolo della pace è un sorriso
2. Bilal, belga e musulmano: «Quelli sono dei bastardi»
3. Un punto interrogativo chiamato Molenbeek. Dove il terrore è di casa
4. La gente guarda avanti: «Bruxelles è tranquilla. Quel luogo è lontano»
L’editoriale: Doveva essere solo una partita di basket