Mohamed Lahouaiej Bouhlel, l’attentatore che il 14 luglio si è lanciato a tutta velocità con un tir sulla Promenade des Anglais a Nizza, seminando il panico e provocando la morte di 84 persone, tra cui 6 italiani, una settimana prima dell’attentato, l’8 luglio, si era visto con un amico.
Amico che, quel giorno, aveva notato quanto Mohamed fosse strano, inquieto: non riusciva a incrociare il suo sguardo. Non si era ancora fatto crescere la barba,
ma già non beveva più alcool. Bouhlel gli aveva anche mostrato un video sulle decapitazioni di ostaggi da parte dell’Isis. «Ero scioccato – ha confessato l’uomo ai media – lui mi ha risposto “io ci sono abituato”. Un comportamento molto diverso rispetto a un anno e mezzo prima quando, in occasione dell’attacco islamico contro la redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo a Parigi, Bouhlel era stato il primo a inviargli un sms dicendo “Je Suis Charlie”, manifestando così il suo disappunto per l’attentato. A quanto pare, di recente Bouhlel era diventato un abituale frequentatore del penitenziario di Nizza: non soltanto a causa dei suoi non pochi precedenti penali per reati comuni, ma anche per ragioni di lavoro.
Era infatti alle dipendenze di un’impresa di trasporti con sede a Carros, cittadina dell’entroterra situata neppure 10 chilometri a Nord della capitale della Costa Azzurra: per conto di tale azienda, entrava spesso nella prigione per caricarvi o scaricarvi merci. L’ultima volta risaliva a meno di un mese prima della carneficina di venerdì scorso. L’incredibile dettaglio è riferito dal quotidiano Nice-Matin, che ricorda come, a norma di legge e di regolamenti, l’ingresso nella struttura carceraria dovrebbe essere vietato a qualsiasi estraneo con pendenze risultanti dal casellario giudiziario. Per Bouhlel, evidentemente, qualcuno non se ne è ricordato.
E mentre proseguono le indagini per cercare di tracciare gli ultimi giorni e le ultime ore del 31enne tunisino e capire in che modo abbia intrapreso la strada, evidentemente molto rapida, della radicalizzazione, la Francia sta reagendo con una serie di contromisure per arginare la minaccia sempre più dilagante del terrorismo jihadista. Intorno alle 2 di mercoledì mattina, il parlamento francese ha votato a favore del prolungamento di altri 6 mesi dello stato di emergenza, in vigore dai giorni immediatamente successivi agli attentati terroristici del 13 novembre a Parigi. Sempre ieri il presidente Hollande ha anche parlato della possibilità di creare una “Guardia Nazionale”, facendo leva sulla disponibilità di migliaia di riservisti. Come ha sottolineato il capo dell’Eliseo, durante la visita a Saint-Astier, con l’attuale numero di militari in congedo, che «ho deciso di aumentare a 15mila entro la fine del mese», insieme a «10mila riservisti della gendarmeria» presi tra coloro andati «in pensione» da poco, «possiamo dire che la Francia sta formando la Guardia Nazionale».
E quasi per giustificare la sua politica del pugno duro, ha fatto appello alle emozioni. Ricordando i «compatrioti uccisi, gli innocenti colpiti», Hollande ha esortato a non far degenerare tutto questo in «odio e sospetto». «Il dibattito è necessario per conoscere la verità ma non può rovinare la coesione necessaria» ha aggiunto il capo di Stato. Contro il piano dei terroristi di «propagandare il veleno della discordia e della divisione» bisogna reagire con compassione, che «non deve impedirci però di agire per proteggere i francesi e preservare i nostri ideali».