BUSTO ARSIZIO – Saranno quattro le persone chiamate a rispondere in tribunale dell’esplosione della palazzina di Borsano che, il 3 dicembre di due anni, fa portò alla morte di Andrea Rosignoli e della giovanissima Stefania Zhu. Silvia Isidori, pubblico ministero della Procura di Busto Arsizio incaricato dell’inchiesta, ha infatti depositato l’avviso di conclusione delle indagini. Il pm ha chiesto il rinvio a giudizio per i due tecnici Agesp che effettuarono i controlli la sera prima dello scoppio, per il dirigente dell’azienda che coordinò il loro intervento, ma anche – ed è questa la novità – per il tecnico che allacciò fisicamente alla rete del gas l’appartamento di Andrea Rosignoli, una delle due vittime.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, avvalorata anche da due perizie tecniche, la fuga di gas che avrebbe poi provocato il tragico scoppio si sarebbe verificata proprio nell’appartamento di Andrea Rosignoli, il 30enne originario di Dairago che perse la vita insieme alla 19enne Stefania Zhu.
A quasi due anni da quei tragici avvenimenti, il ricordo rimane ancora indelebile nella memoria dei tanti che la mattina del 3 dicembre 2009, alle 7.05 precise, sentirono un boato provenire da una palazzina di via San Pietro, nel centro storico di Borsano. Uno scoppio che provocò tanta paura negli abitanti della zona e la quasi completa distruzione dell’edificio. Dal cumulo di macerie i vigili del fuoco, dopo ore di lavoro, estrassero i corpi senza vita dei due giovani. Un evento drammatico che, solo per cause fortuite, non provocò un numero di vittime ben più alto. Nella corte coinvolta dallo scoppio abitavano infatti altri sette nuclei familiari, mentre il fratello di Stefania, quella notte, per puro caso non si trovava in casa. I genitori della ragazza riuscirono invece a uscirne miracolosamente illesi.
Dopo venti mesi di indagini, ecco la ricostruzione degli inquirenti, che hanno puntato l’attenzione soprattutto sulla notte precedente alla tragedia. Gli abitanti della zona chiamarono il numero di pronto intervento di Agesp attorno alle 22.30 del 2 dicembre, segnalando un fortissimo odore di gas. Due tecnici della compagnia che gestisce la fornitura di gas si recarono sul posto e per alcune ore effettuarono i controlli del caso, bussando anche a diverse porte. Tra queste, però, quella di Andrea Rosignoli rimase chiusa.
Attorno all’una, dopo aver effettuato anche diversi carotaggi, i tecnici se ne andarono, probabilmente senza aver risolto il problema per cui erano stati chiamati. Secondo le testimonianze degli abitanti della zona l’odore di gas rimase molto forte fino alla mattina dopo, anzi fino a pochi minuti prima del terribile scoppio. Secondo il pubblico ministero Silvia Isidori, quindi, responsabili della tragedia, a vari livelli, sarebbero i due tecnici e il dirigente dell’Agesp con cui i dipendenti parlarono in quell’agitata notte, ma anche il tecnico privato che allacciò l’appartamento di una delle vittime alla rete del gas.
Ora sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere se e quando far partire il processo. Non prima, però, di aver vagliato eventuali richieste che potranno essere avanzate dai difensori degli indagati. L’avvocato Vittorio Celiento è già entrato in possesso del voluminoso fascicolo e lo sta studiando. «A partire dalla riapertura del tribunale, il 15 settembre – dice – avremo venti giorni di tempo per presentare eventuali memorie difensive. La prima perizia elaborata dagli inquirenti non ci ha mai convinto. Ora studieremo la seconda, e abbiamo già deciso di chiedere una perizia di parte». Secondo il legale l’inserimento di un quarto indagato nel fascicolo potrebbe alleggerire la posizione dei suoi assistiti: «Ma aspettiamo di studiare le carte, prima di fare particolari commenti». Per tutti e quattro l’accusa è di disastro colposo. Nella memoria di tanti restano le parole di quanti, quella mattina, erano a Borsano: «Questa tragedia si poteva evitare».
Tiziano Scolari
e.besoli
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