«Ho ritrovato il giubbotto che avevo messo nel contenitore per la raccolta di vestiti per i poveri sul banco del mercato di Gallarate, in vendita a 15 euro». La testimonianza è di un varesino che, su Facebook, ha manifestato il suo stupore, e anche la sua frustrazione, a seguito del ritrovamento. «Era proprio il mio – spiega – L’ho avuto per tanti anni e l’ho subito riconosciuto. Perché non era stato dato ai bisognosi?».
Abbiamo cercato di capire cosa potesse essere successo, arrivando alla conclusione che si tratta di una strana coincidenza, ma che può verificarsi.
La maggior parte dei contenitori per la raccolta dei vestiti usati sono di Humana, un’organizzazione umanitaria indipendente e laica, nata nel 1998. Humana ha installato in tutta Italia 4700 contenitori per la raccolta dei vestiti.
Una parte degli abiti viene inviata nel Sud del Mondo, dove ce n’è bisogno. Ma non tutti gli indumenti sono adatti per il terzo mondo. Quelli invernali vengono venduti, consentendo di ottenere fondi per l’autofinanziamento delle attività di Humana.
Nello specifico: parte dei vestiti destinati alla vendita viene inviata a Humana Vintage, un negozio di Milano che propone capi originali degli anni ’60, ’70 e ’80, per donna e per uomo.
Chi andrà lì a fare shopping consentirà di sostenere progetti di cooperazione in Africa.
I vestiti che non entrano in questo circuito vengono invece venduti all’ingrosso nella zona di Napoli. Anche in questo caso i ricavati servono per sostenere i progetti umanitari.
«È una coincidenza strana che un capo raccolto nel varesotto venga rivenduto a Gallarate perché i capi destinati alla vendita all’ingrosso vengono mandati prevalentemente nel sud Italia – spiega l’ufficio stampa di Humana – Potrebbe essere anche capitato che il capo sia stato trafugato dal contenitore e poi venduto sul territorio».
La raccolta di indumenti ha un potenziale molto alto: è possibile raccogliere da 2 a 4 chili per abitante all’anno, quantità che può raggiungere i 5-6 chili se incentivata con un’efficace informazione.
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