B come Bettinelli, C come Criscitiello. Ma anche tra vent’anni, nel 2034, quel bambinetto con la maglietta biancorossa che giocherà in un campetto accanto a nonno Caccianiga, al primo gol dirà al suo papà: “Voglio essere Pavoletti”. Guai se lo sentisse Bettinelli, un uomo che è il Varese, nato-vissuto-morto-e-rinato con questa maglia. Un uomo che fa squadra, anzi la ricostruisce, perché se non l’avesse fatto saremmo retrocessi sul rigore dell’1-1 fallito dal Siena, o sulla traversa di Lepiller a Novara, o sul 2-1 di Gonzalez ieri. E invece lì ci siamo salvati, sugli episodi contrari girati dal vento. E il vento nasce da dentro, non da fuori. E dentro te lo mettono le persone, persone come Stefano.
B come Bettinelli perché nemmeno dio avrebbe salvato un gruppo che arrivava sullo striscione del traguardo con 7 sconfitte consecutive. Nemmeno dio, ma Nessuno sì. Il Betti che dei Nessuno è il re. Gli amici, e le parole, decidono chi sei. Gli amici del Betti: i giocatori del vivaio in cui è nato, i Sogliano, Filippo, Belluzzo, Ambrosetti, Maroso, il pubblico. Solo varesini. Le parole del Betti, come pioggia dal cielo: implacabili perché scavano, lasciano un buco. Dentro. “Se arriva una squadra di serie A e devo ripartire dalla terza categoria con il Varese, io riparto”. Oppure, alla vigilia: “Disperato non è il Novara ma il Varese. Perché, se retrocede, scompare”. E’ anche inutile dirgli che è confermato, perché lui non si aspetta nulla. Ma se lo cacciano, cacciano via il Varese che abbiamo appena ritrovato.
La serie B è stata ripresa dai capelli, prima di tutti, dalla gente. Sul 5-1 di Cittadella ha avuto paura di perderla ed è scesa in campo quasi con violenza (la violenza del cuore), riempiendo Masnago, riempiendo il Piola, riempiendo di bandiere la città. Ma, se poi sono arrivati tutti, è solo grazie a chi c’è sempre stato, a chi prendeva la pioggia e la neve da solo, tenendo accesa una scintilla: la curva Nord. Non ha mai guardato in faccia nessuno: solo la maglia.
La squadra ha seguito l’onda ma, quando ha trovato uomini veri che mantenevano le parole, si è fatta guidare da loro. La maglietta finale indossata dai giocatori “Grazie Betti” con la B gigante è un segnale. Alla società. Laurenza su questo Varese ci è morto ma, purtroppo, all’inizio si è fidato delle persone sbagliate. Quali? Tutte, o quasi. Sotto di lui, al vertice, non hanno mai pensato al club, ma solo a se stessi. La storia li ha già battuti.
Il fiore del Betti, puro spirito solo varesino, sta facendo pulizia. Lasciatelo crescere. Nicola, adesso sai cosa fare. Riparti da qui. Dai Bettinelli. Dai Belluzzo. Dai Caccianiga. Dagli Scapini. Dalle Frascaroli. Da questo pubblico. Da Ambrosettti? Anche da lui, se ricucirà la ferita storica tra società e Sogliano. Non esiste avere i migliori dirigenti del calcio italiano che muoiono per il Varese e non affidarsi ai loro consigli. Inizia adesso la partita. Via tutti, tranne Laurenza. Il Varese ai varesini.
Andrea Confalonieri
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