Dal profilo Facebook di Valerio Bianchini: «Curiosa la percezione del ruolo dell’allenatore da parte della società di Varese. Pare che la scelta spetti al g.m. e non al presidente. Nel caso specifico un allenatore in carica, con esperienza trentennale, deve sottostare al giudizio di un manager pressoché debuttante. Nel frattempo tutta questa indecisione non fa che sminuire la figura professionale di un coach che ha appena traghettato la squadra alla salvezza in una situazione piuttosto critica.
Il tutto con la quiescenza degli agenti che dovrebbero difendere il prestigio dei loro clienti. Tempi duri per gli allenatori!».
Quando una posizione del genere è sostenuta dal tifoso becero e incazzato, oppure dal giornalista brutto e cattivo, quello manovrato dai poteri forti (giuriamo: sentita anche questa), è opzione assai lecita quella di guardare e passare. Se a prenderla è invece un personaggio che con l’ambiente varesino non c’entra nulla e di basket ne ha masticato parecchio anziché no, forse è il caso di fermarsi a riflettere almeno per un attimo.
Ho usato un esempio concreto per fare una considerazione di carattere generale: ormai gli allenatori sono considerati l’ultima ruota del carro. La colpa è anche loro, perché si mettono troppo da parte, fanno gli agnelli che belano invece dei leoni che ruggiscono. È noto che la selezione dei coach avviene prima attraverso gli agenti, ora scopro che passa anche tramite i general manager.
Si è ribaltato il mondo: i Cappellari, i Sarti erano coloro che blindavano un allenatore, che facevano da tramite tra lui e la società. Uno dell’esperienza di Caja deve essere avvallato da manager che non hanno un pedigree così sconvolgente? La cosa mi lascia molto perplesso e non è l’unica…
Varese ha un allenatore che l’ha salvata in una situazione molto difficile, eppure lo ha messo in stand by. Come a dire: se ne troviamo uno migliore te ne vai, altrimenti rimani qui, quasi per inerzia. Mi sembra assurdo. Poi, per amor del cielo, chi decide ha il diritto di fare quello che gli pare.
Questo lo dice lei, però mi pare evidente che – alla fine di un campionato – o un allenatore piace e viene tenuto subito, oppure viene lasciato libero. Non si mette su un trespolo ad aspettare. Farlo scegliere a un general manager che ancora deve arrivare non esiste: è una “deminutio” molto forte della sua figura. Poi non ci si lamenti se il coach di cui sopra non ha i mezzi per farsi valere tra agenti e giocatori: gli hanno tolto il carisma.