Cara signora Fantoni, quanta fretta nel chiudere la fabbrica della Inda

Cara signora Fantoni,quanta fretta di licenziare!

Noi, La Fiom, rappresentiamo con altre sigle sindacali i lavoratori. Ha presente? Quelle donne e quegli uomini che con il proprio lavoro danno una mano a tenere in piedi questo Paese. Vogliamo rappresentare fino in fondo anche le lavoratrici e lavoratori della sua fabbrica, la Inda. Un marchio conosciuto in tutto il mondo grazie alle capacità dei suoi dipendenti, un’azienda che da molti anni, e lei lo sa bene, sopravvive agli stenti. Ai delegati e alle Oo.ss

presenti in fabbricala direzione aziendale ha parlato molte volte delle difficoltà di mercato, del fatturato in calo, dei concorrenti e dei costi. Ad ogni passaggio saliente, è seguito puntuale un licenziamento collettivo. La sua fabbrica, lo stabilimento di Caravate, è passato in dieci anni da 450 a 230 dipendenti. Ora lei, ha deciso di chiuderla. Fine . Lo storico stabilimento di Caravate che ha inventato intorno a sé un intero comune non ci sarà più.

Ma di chi è la responsabilità? La crisi globale? Forse quest’ultima le ha dato l’idea per il colpo finale ma è certo che di questa importante fabbrica né lei, né i suoi collaboratori vi siete occupati davvero: per difenderla, per reinventarla, per tenerla viva. In dieci anni e forse più gli investimenti in prodotti, processo produttivo, materiali, diversificazione produttiva, non compaiono tra i documenti. Zero. Si legge solo di un lento, ma da tempo annunciato, disastro occupazionale e sociale.

La classe imprenditoriale di cui ha bisogno il nostro paese non è di certo questa. Non è il mio mestiere, ma è evidente che non stiamo parlando di televisori col tubo catodico, o di dischi in vinile…. A fronte di un euro di profitto deve esserci un euro di investimento. Il fare industria deve voler dire occuparsi di economia e mercato a tempo pieno, del futuro dei propri dipendenti e affrontare il rischio di impresa; concetti che rischiano il disuso. Ma forse lei era distratta, da altri lidi. Ora lo stabilimento di Caravate è chiuso. Nei giorni di sciopero, presidi e trattative abbiamo sentito dichiarazioni e prese di posizione rassegnate alla chiusura. Perfino il sindaco con la sua giunta. Perfino i lavoratori. Che beffa lottare e ottenere solidarietà per essere licenziati… per avere il beneficio di un licenziamento anticipato! L’ebbrezza della velocità!!

Se c’è qualcuno di veramente tutelato da quell’accordo è l’azienda. E’ lei Signora Fantoni. Si è liberata subito del problema “ i lavoratori dipendenti” Noi della Fiom quell’accordo non l’abbiamo firmato perché pur in una situazione grave e di certa chiusura, era possibile usare al termine della cassa integrazione, altri strumenti. Occuparsi davvero di formazione e di ricollocazione, verificare al termine delle possibili cigs e intervenire solo allora in via definitiva. In altri tavoli succede normalmente. Ma non alla Inda che capita per la seconda volta con accordo separato. Nel freschissimo accordo con Alenia,(oggi e domani sottoposto al voto dei lavoratori), la pregiudiziale di tutto il sindacato era proprio questa: fare ogni cosa per salvare lavoro e possibilità di ripresa. Ma se questo argomento è valido in Alenia, perché avete deciso che per i lavoratori Inda non era necessario? Il rilancio dell’impresa non era tra i suoi interessi? La Fiom di Varese intende insistere per tutelare tutti i lavoratori: fin d’ora chiediamo all’azienda di recedere dall’attivare a fine 2012 la procedura di mobilità come già pattuito nell’accordo separato e di ridiscutere le modalità di sostegno al reddito. Un altro anno di cassa integrazione, vorrebbe dire più tempo per le ricollocazioni, e in questa fase di crisi sappiamo tutti che è fondamentale. Per ora, la responsabilità la lasciamo tutta alle parti firmatarie. Ma anche a quanti hanno voluto affrontare la questione approfittando della disperazione dei lavoratori e del travaglio dei singoli.

Stefania Filetti
Fiom Varese

e.marletta

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