Cara Svizzera, rispetta i frontalieri: Varese pesta i pugni dopo il caso-ratti

Nei nuovi accordi tra Italia e Confederazione spunta una clausola “salva dignità”. Il sindacato: «Pari trattamento non solo a parole. Altrimenti non si va avanti»

Difendere la dignità dei lavoratori frontalieri, mettendoli al riparo da qualsiasi forma di discriminazione. Questo lo scopo della clausola inserita nel protocollo firmato alcuni giorni fa dai negoziatori di Italia e Svizzera, che sta alla base dell’accordo sul nuovo regime fiscale di questa categoria di lavoratori di cui fanno parte circa 25mila varesini. Sembra incredibile, nel 2015, dover mettere per iscritto un principio, quale è quello del rispetto della dignità dei lavoratori, che dovrebbe essere scontato, ma gli esempi di discriminazioni nei confronti dei frontalieri italiani e varesini non mancano di certo.

«Ribadire che se non c’è rispetto per i lavoratori italiani, non ci può essere nessun accordo tra Italia e Svizzera è un aspetto fondamentale, per nulla ridondante» afferma Raimondo Pancrazio, segretario nazionale della Uil Frontalieri. L’esponente della Uil, che sta seguendo da vicino le trattative, porta degli esempi molto concreti di situazioni di discriminazione nei confronti dei frontalieri. «Benché ci siano delle regole ben precise che prevedono il pari trattamento tra lavoratori svizzeri e italiani, queste non vengono applicate né fatte rispettare» spiega Pancrazio, che cita alcuni casi di attualità. «Se ad esempio, un frontaliere dovesse perdere il lavoro – argomenta il segretario della Uil – avrebbe diritto come un suo collega svizzero a iscriversi all’ufficio di collocamento nell’ultimo luogo dove ha lavorato, cioè la Svizzera; questo però non capita mai, benché sia previsto dalle norme».

Spesso al lavoratore italiano non viene nemmeno consegnato il formulario per potersi iscrivere al collocamento. Un altro caso di discriminazione riguarda la deducibilità dalle tasse delle spese per i trasporti. «Garantita ai lavoratori svizzeri ma negata agli italiani, per i quali sarebbe una bella boccata d’ossigeno vista la quantità di chilometri percorsi ogni giorno per recarsi al lavoro – prosegue Pancrazio – alla faccia della parità di trattamento». Prima di parlare di ristorni ai Comuni o di doppia tassazione,

argomento centrale del protocollo, bisogna difendere la dignità dei frontalieri, che alcuni partiti svizzeri e ticinesi hanno addirittura paragonato ai topi. Lo stesso ministero dell’Economia italiano ha ribadito, nella clausola di salvaguardia, che la ratifica dell’accordo tra Italia e Svizzera, che manderà in pensione quello del 1974, «è subordinata all’assenza di ogni forma di discriminazione nei confronti dei lavoratori frontalieri». «È un aspetto essenziale – concorda il segretario della Uil – la parità di trattamento e la libera circolazione dei lavoratori non devono restare solo sulla carta ma applicate e su questo vigileremo, anche perché al momento non conosciamo ancora il testo dell’accordo ma solo i paragrafi». Il sindacato chiede che venga convocato un tavolo per poter mettere nero su bianco tutti gli aspetti fondamentali della questione, partendo dalla salvaguardia della dignità dei frontalieri.

«Strumentalizzazioni politiche purtroppo ci saranno sempre – osserva Pancrazio – quello che è importante e che si arrivi a una cooperazione autentica a livello amministrativo tra Italia e Svizzera, che gestisca a livello pratico l’accordo, facendo rispettare le regole sul serio e non per finta. Lo Stato italiano non può fare finta di non avere suoi lavoratori all’estero e non tutelarli; non si tratta di questioni secondarie».