Carceri/ Ilaria Cucchi: dal processo avrò solo altro dolore

Firenze, 16 nov. (TMNews) – “Nulla”, dal processo sulla morte di suo fratello Stefano, Ilaria Cucchi dice di non aspettarsi nulla. A Firenze, per la proiezione del docu-film ‘148 Stefano. Mostri dell’inerzia’, la sorella dell’uomo morto a 31 anni nel periodo della sua detenzione a Regina Coeli, confida molto più nella possibilità di sensibilizzare l’opinione pubblica che non nell’andamento della giustizia italiana, e tantomeno di questo processo: “non mi aspetto nulla, mi aspetto ancora solo tanto dolore, che non porterà a nulla”.

Guardando indietro, per Ilaria Cucchi, “la speranza era quella che rendendo noto ciò che è capitato a Stefano, si evitasse che capitassero altre morti di questo genere. Avremmo dato un senso in qualche modo alla sua morte e al nostro dolore. Purtroppo finché ‘questi’ ambienti avranno questo spirito di corpo, nulla cambierà”. In questi due anni, continua Ilaria Cucchi, “abbiamo trovato tanta ostilità e continuiamo a percepirla in tribunale. Se non fosse stato per il nostro avvocato, forse sarebbe già stato archiviato”. “Ci sono documenti che chiediamo da mesi e non ce li danno perché scomodi”: tra questi, precisa Ilaria Cucchi, “una radiografia di mio fratello, che mi viene detto che non si trova”.

Giudizio ribadito dal legale Fabio Anselmo, che assiste la famiglia Cucchi: “tutto è andato storto sin dall’udienza preliminare. E’ stato impostato un processo per lesioni lievi, nonostante le foto parlino chiare. Ed è un processo al carattere di Stefano”. Quanto invece alla diffusione del documentario di Maurizio Cartolano, che verrà allegato dal 30 novembre a ‘Il Fatto quotidiano’, Ilaria Cucchi ricorda il successo della proiezione al Roma Film Festival: “è stato veramente toccante, perché c’era il tutto esaurito. Io non sottovaluto questo, perché è soltanto per questo se andiamo avanti. Dalle foto, avute dall’impresa di pompe funebri a questo documentario, tutti possono rendersi conto che non ci siamo inventati niente. Le immagini -conclude Cucchi- raccontano meglio delle nostre parole”.

Xfi

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