Caro Daniele Cavaliero.
No, non ci rivolgiamo a lei perché ci è particolarmente antipatico o perché l’abbiamo eletta come nostro bersaglio preferito (lo diciamo, così sgombriamo il campo da ogni polemica e da qualsiasi sospetto di dietrologia). Ci rivolgiamo a lei perché è il capitano della Pallacanestro Varese, quindi – le piaccia o no – il simbolo e l’uomo chiamato a rappresentare la squadra e i suoi compagni. Un ruolo delicato, lo comprendiamo eccome, specie quando le cose vanno male.
Ma un ruolo che lei è in grado di ricoprire: nella scorsa stagione fu lei a reagire ai nostri (legittimi, sacrosanti e giusti) attacchi, ecco perché ci pare sia arrivato il momento di buttare giù queste righe. E di scriverle a lei.
Un disastro, già. La situazione attuale, a voler ben vedere, pare persino peggiore rispetto a quella dell’anno scorso che aveva provocato i nostri strali (no, non è vero: allora ce l’avevamo con la società e si fidi, da questo punto di vista non torneremmo indietro per tutto l’oro del mondo). Il punto è un altro: quel che sta succedendo fa male perché nessuno se l’aspettava. Altre erano le attese nei confronti di una squadra che sembrava costruita bene, che pareva pronta per fare un bel campionato, i playoff come obiettivo minimo e via andare. Invece no: tra coppa e campionato non ne state imbroccando mezza, e quel credito messo in piedi in un’estate fatta di novità e di nomi interessanti ve lo siete già fumato.
Quindi, eccoci qui. Domenica c’è Cantù: e se c’è qualcuno in quello spogliatoio che sa cosa significa quella partita, quel qualcuno è lei. Ecco, le raccontiamo un episodio. Nell’ottobre del 2004 nel derby contro Cantù si toccò uno dei punti più bassi della storia di Varese. Un incubo, un’onta, uno scempio. Finì 71 a 106 (sì, esatto: 71 a 106): in tanti sostengono che con quella prestazione la squadra diede l’ultima spinta a un allenatore, Cadeo,
già sull’orlo del baratro. Che infatti venne cacciato dopo quel derby. Noi non lo sappiamo. Non sappiamo se quei giocatori volessero effettivamente far fuori Cadeo. Non sappiamo se ci fosse davvero la volontà di dare l’ultima spallata. Sappiamo però che un derby è un derby: cambia la stagione, fa dimenticare le delusioni, mette benzina. Ecco, nel caso vi fosse venuto in mente, non provateci: non provate a trasformare la partita di domenica in qualcosa di diverso. Perché la partita di domenica è una cosa sola: un derby da vincere.