Stefano Varano sarà sentito venerdì? Il giallo resta. Antefatto. Nel corso della prima udienza del processo a carico di Stefano Binda, 50 anni di Brebbia, accusato di aver assassinato nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1987 l’ex compagna di liceo Lidia Macchi, un avvocato bresciano, Piergiorgio Vittorini, ha inviato una missiva dichiarando di rappresentare il vero autore (o autrice) della lettera In morte di un’amica.
Il solo elemento ad oggi emerso a carico di Binda, seppur suggestivo visto che nell’oscura lettera anonima recapitata a casa Macchi il giorno delle esequie di Lidia non c’è esplicito accenno all’omicidio.
Patrizia Bianchi, la superteste che sostiene che la grafia con cui fu scritta la lettera appartiene a Binda, rivela, dopo la prima udienza, alla polizia che è in atto un’azione di depistaggio programmata tra Vittorini (che dice che non fu Binda a scrivere ma il suo assistito), Paolo Tosoni, avvocato milanese, e Andria Paroli, ex sindaco di Brescia, un programmato depistaggio con regia bresciana (così ha scritto la questura registrando le spontanee dichiarazioni di Bianchi) per salvare Binda.
Bianchi, venerdì scorso, chiamata dal presidente della corte d’assise Orazio Muscato a dichiarare chi le avesse dato quell’informazione ha detto: «Stefano Varano».
La corte ha quindi disposto la citazione diretta del teste, ma il pm Gemma Gualdi non sa se farà in tempo. Così ha detto durante l’udienza. Varano è facile da rintracciare. Vive nel luinese, agente di commercio, ben visibile su Facebook. La speranza è che in 7 giorni ci sia modo di citarlo. Visto che è teste fondamentale a questo punto della vicenda.