Caso Uva, Lucia è commossa: “Ora vogliamo giustizia e verità”

VARESE Lucia Uva, la sorella di Giuseppe, è commossa. Da sempre si batte perché le zone d’ombra che velano la morte dell’artigiano vengano dissipate. «Queste conclusioni ci danno speranza – dice – adesso la giustizia ci deve dare una risposta: se mio fratello non è morto per i farmaci, devono dirci qual è la causa. Io ho visto il corpo di mio fratello. Ho visto le botte, le lesioni alle gambe, ai testicoli, sotto i piedi. So riconoscere le bruciature di sigarette».

Lucia Uva è molto critica sulle indagini condotte dal sostituto procuratore Agostino Abate, convinto che Uva sia stato ucciso da un mix di farmaci in ospedale. «Speriamo che adesso faccia un passo indietro», auspica la sorella dell’artigiano.

Intanto ieri la famiglia Uva ha ricevuto un altro motivo di conforto. Il processo è salvo: non dovrà ricominciare da capo.

Entro il prossimo 14 novembre Orazio Muscato, il giudice davanti al quale si sta celebrando il dibattimento, dovrà prendere possesso del suo nuovo incarico: diventerà presidente della sezione penale del tribunale di Asti. Ma ieri mattina, chiudendo l’udienza in cui è stata sentita un’infermiera presente nell’ospedale di Circolo nella notte in cui Uva morì (ma che non ha aggiunto nulla di rilevante rispetto a quanto già noto), Muscato ha rassicurato le parti in causa. E ha garantito, salvo un divieto da parte del Csm, la sua volontà di essere “applicato” a Varese nei giorni in cui si svolgerà il processo Uva: ciò eviterà una ripartenza quasi da zero dell’intricata vicenda.

Ieri in aula, come detto nell’articolo a lato, è stato ascoltato anche Angelo Demori, professore di medicina legale all’università di Genova. Si tratta di uno dei tre luminari chiamati da Muscato a compiere una nuova perizia sulla documentazione medico-legale, nonché sui reperti ancora a disposizione, relativi alla morte dell’artigiano spirato in seguito a un trattamento sanitario obbligatorio il 15 giugno 2008. Demori avrebbe voluto illustrare i tre motivi per i quali sarebbe necessaria una dilazione di altri 90 giorni per completare gli accertamenti. Ma è stato stoppato dal pubblico ministero Abate. Il magistrato ha chiesto, prima che la discussione potesse proseguire, di avere il tempo almeno di leggere la relazione preliminare (120 pagine) preparata da Demori e dagli altri due colleghi. Questo anche perché, ha denunciato il pubblico ministero, «in questo processo è palese che c’è una parallela campagna di stampa».

e.marletta

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