Il sindaco leghista che va contro una legge che porta il nome di Umberto Bossi? «Sì, se questa legge non è più valida o comunque presenta lacune evidenti». , primo cittadino di Gallarate, non usa mezzi termini. Come sempre. E lancia un appello ai suoi colleghi: «I Comuni si facciano carico delle spese di rimpatrio dei cittadini trovati senza regolare permesso di soggiorno. È l’unico modo per iniziare a fare qualcosa di concreto per arginare questo problema, che tale è per la quiete delle nostre città». E con quali fondi? Cassani non ha dubbi: «Con i soldi che lo Stato ci ha per ora solo promesso come rimborso per i migranti». Quindi per Gallarate, che accoglie 80 richiedenti asilo, 40 mila euro.
«Dodici ore al vento»
Tutto nasce tre giorni fa: a Gallarate vengono scoperti dalla polizia locale un cittadino del Bangladesh e uno del Marocco irregolari sul territorio italiano. Il bengalese viveva con altri cinque connazionali (regolari) in un appartamento a Cedrate, il marocchino invece vendeva merce abusivamente nella zona di via XX Settembre. «I nostri agenti, a quel punto, hanno avviato l’iter previsto dalla legge Bossi-Fini – spiega Cassani – Li hanno portati in comando, fotosegnalati e accompagnati in Questura a Varese. E da lì? Il nulla». Perché a quel punto, sempre la legge Bossi-Fini, prevederebbe il rimpatrio coatto oppure il trasferimento in un Centro di Identificazione ed Espulsione, quattro su tutto il territorio nazionale.
«Ma per compiere queste operazioni non ci sono mezzi nè tanto meno soldi – ammette Cassani – Così tornano liberi. Morale della favola: ho tolto per 12 ore due agenti ai miei cittadini per non concludere niente. O meglio, per cercare di far rispettare una legge senza poterlo fare».
Gli scenari
In attesa, magari, di essere nuovamente scoperti: in quel caso, sempre stando alla legge, dovrebbero finire in cella da uno a tre anni. «Ma le nostre carceri sono già al collasso – puntualizza il sindaco – e così, di fatto, sono nuovamente liberi». Oltre tutto, la legge prevede anche che il cittadino irregolare possa presentare ricorso al decreto di espulsione: in quel caso diventa immune fino al pronunciamento del giudice di pace. «Senza contare- ribadisce Cassani – che nel caso in cui si dichiari richiedente asilo o rifugiato politico deve essere trattenuto sul territorio nazionale a meno che non si macchi di gravissimi reati».
Da qui, lo sfogo. Più di una provocazione, ma una vera e propria presa di posizione: «Avviare iter di questo tipo ogni giorno, ogni volta, si rivela un continuo buco nell’acqua – dice – Ma io non mi fermo. E nemmeno i mie agenti di polizia locale. Io porterò avanti questa battaglia finchè siederò su questa poltrona. Chissà che a furia di essere perseguiti gli irregolari non si stufino e non vadano altrove».
Ma andare altrove, è davvero una soluzione? «Questo è un problema del nostro Governo e di una legge che risale al 2002, modificata nel 2009 ma di fatto lacunosa e inefficace – dice Cassani – Io devo pensare al bene della mia città. E la presenza di irregolari è un problema. Per questo invito gli altri sindaci a considerare l’idea di rimpatriarli a spese dei Comuni. Dove non arriva Roma, arriviamoci noi».n