Castellanza, gli anziani rimpiangono il “paapetu”

CASTELLANZA Il progresso e la necessità migliorano Castellanza. Ma nello stesso tempo la cambiano. I luoghi storici vengono modificati e qualcuno, soprattutto tra i più anziani, ricorda, non senza una punta di nostalgia, la Castellanza che era e che se ne è andata.
È il caso della Costalunga. La strada che collega la zona di In su e piazza Soldini è stata oggetto di lavori di messa in sicurezza, è stato rifatto il parapetto lungo via Matteotti e lo slargo davanti all’ingresso

dell’Università Carlo Cattaneo – Liuc è stato reso pedonale. Nell’area sono state posizionate alcune panchine e tre statue, “Uomo alla finestra” di Gino Giacomelli (1987), “Energia”, opera in acciaio inossidabile di Amedeo Arpa (1987) e “Preghiera”, lavoro in travertino di Ascoli Piceno di Nicolò Gagliardi (1973).
Ma qualcuno, soprattutto tra i meno giovani, che ha vissuto la storia di Castellanza, storce il naso. «Va bene la messa in sicurezza – afferma Gianfranco Zaffaroni, una delle memorie storiche della città, portavoce dei tanti che, come lui, sono affezionati alla Castellanza che fu – però si è perso un pezzo di storia castellanzese».

Il “paapetu”, come si chiama in dialetto, è così famoso da essere oggetto di un detto locale. «Setà giò sul paapetu ho mangià a mistua cun dü ö indui du aqua d’Uona». Vale a dire: seduto sul parapetto ho mangiato pane misto con due uova sode cotte con l’acqua dell’Olona.

e.romano

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