Castellanza Quando lo incontriamo Franco Zaffaroni, in arte Franco Zaffa, poeta dialettale castellanzese, è in biblioteca civica intento ad esaminare alcuni libri di storia locale. Tra una parola e l’altra il discorso cade sul Natale. I suoi ricordi delle feste sono indissolubilmente legati alla Corale di San Giulio. «Le feste natalizie – racconta – si svolgevano in funzione della Messa a cui la gente partecipava numerosa anche per godere dei canti. Ho cantato nella corale per trent’anni,
prima sotto la direzione del bustocco Giuseppe Mercanti, poi di don Augusto Castiglioni e infine di padre Bruno Durante». E qui Zaffaroni si ferma: proprio quest’anno ricorrono i dieci anni della morte del sacerdote, padre camilliano, che tanti castellanzesi hanno avuto modo di apprezzare.
Nato a Venegazzù, provincia di Treviso nel 1926, il maestro è morto nel 1999 alla Casa San Pio X di Milano: a Castellanza rimase dal ’61 all’80. «Quando ci dirigeva – afferma Zaffa – ci teneva che i canti liturgici fossero armoniosi, che il risultato fosse perfetto». Era molto amato tanto che alla sua morte la Corale ha raccolto ricordi, aneddoti e poesie nel libretto «Cantare per l’eternità»: dalle parole di chi l’ha conosciuto emerge un uomo cordiale appassionatissimo di musica, che insegnava a cantare con grazia, anche se a volte sbraitava. «Anche dopo aver lasciato Castellanza – dichiara Zaffaroni – vi ritornava per dirigere la corale. Una volta, prima delle prove, ricordo che ci chiese “Sapete cosa mi è successo?” Aveva scoperto, cosa che nessuno sapeva perché la famiglia manteneva il massimo riserbo, che Lucio Battisti era ricoverato al Pio X a Milano». «Nessuno può entrare nella sua camera – ci aveva detto – ma io ci sono riuscito e gli ho dato l’estrema unzione. Era uno che non si dava per vinto».
Zaffa ricorda anche il funerale di padre Bruno a Milano: «Gli abbiamo portato la sua bacchetta fatta di legno egiziano, gliela fabbricai io utilizzando la bacchetta di un calendario. Cantammo per lui. Quell’anno sì che fu un Natale davvero triste». Don Bruno fu anche uno dei primi a prendersi cura delle persone colpite dal virus Hiv: «Lui – afferma Zaffa – promosse l’utilizzo del vecchio stabile castellanzese dei camilliani come ricovero per i malati terminali di Aids». È un ricordo, quello di Zaffa, che va ben oltre gli aneddoti. Tanto che il poeta ha voluto fondere il suo ricordo in versi dal titolo «6 ottobre 1999 – San Bruno». Eccoli in esclusiva per «La Provincia»: Sa dis:/chi in d’ul Signur/al vivi sperandu/quandu al mor/al mor cantandu./Sarà sta anca inscì/Par padre Bruno!/Quandu s’è presentà /davanti al Signur/al ghèa in män a bacheta/ch’al druea par cumandà i cantur./Ades, ca l’è in Paradis,/l’è là a fa cantà/i angiariti e tuti i so amis./Mo’, in cél, a gh’em /anca nun ul nostar prutetur/parché a canturia da San Giuli/la gabia da fas sempar unur.
Mariagiulia Porrello
f.artina
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