Ogni volta è come la prima, un po’ come una vittoria al Giro. Sembra di provare emozioni così forti e intense, impossibili da ripetere, e invece quando ti ricapita ecco che quelle sensazioni tornano prepotenti e incapaci di invecchiare. Alle 9.45 di ieri mattina il piccolo Tai Basso (piccolo davvero, 2 chili e 100 grammi di scriccolo) ha bussato al mondo: il quarto figlio di Ivan e di Micaela, arrivato a fare compagnia a Domitilla, Santiago e Levante e arrivato nel giorno del suo trentasettesimo compleanno. «È un cucciolo e con tre maschi aumenta la possibilità che venga su un ciclista. Io punto su Tai: pesa pochissimo e sgambetta come una lepre».

La mamma sta bene, Ivan ha fatto la spola tra Cassano Magnago e la clinica di Milano per portare avanti e indietro la sua truppa: scuola e asilo-fratellino e ritorno. Uno di questi viaggi l’ha fatto con noi, e ovviamente ne abbiamo approfittato per parlare un po’ di ciclismo. Che non fa mai male. «Sono contento – dice Ivan – tocco il cielo con un dito: è arrivato Tai, e io sto scoprendo un Basso nuovo. Non vedo l’ora di scoprire cosa succederà nei prossimi mesi». Il piatto è ricco: una nuova pagina della sua carriera con la maglia della Tinkoff-Saxo al fianco di Contador con il vecchio Bjarne Riis a fare da direttore sportivo. Dopo anni a fare il capitano e provare a vincere i grandi giri, ora Ivan proverà a far vincere gli altri. Siam curiosi anche noi.
«Arrivo da una settimana bellissima, piena, intensa: Tai è stato la ciliegina sulla torta, ma gli ultimi giorni sono stati davvero importanti. È stato a casa mia il mio nuovo allenatore, e insieme abbiamo fatto un lavoro nuovo che mai mi era capitato. Siamo saltati in macchina e in un giorno abbiamo percorso più di 400 chilometri. Con il Gps in mano, ci siamo sparati tutte le salite del Varesotto: Cuvignone, Campo dei Fiori, Brinzio e tutte le altre. Le abbiamo sezionate, abbiamo segnato ogni dettaglio: i cambi di pendenza, i tornanti, le curve, gli strappi». E questo lavoraccio a cosa è servito? «Servirà: il mio allenatore non potrà seguirmi tutti i giorni, ma ora conosce alla perfezione le strade su cui mi allenerò, ogni singolo metro. Preparerà le mie tabelle e saprà esattamente quello che farò, ed è come se fosse al mio fianco».

Questo significa che Basso torna al passato, giusto? «Esatto, ci avete preso: torno a casa, d’ora in poi lavorerò sulle nostre strade. Perché ho pedalato su tutte le strade del mondo, ma le salite che ci sono da noi non le ho viste da nessun’altra parte. Il Varesotto è una palestra a cielo aperto, e al di là dei periodi di ritiro io non mi muoverò più di qui».
Intanto, però, torniamo a parlare di emozioni: qualche settimana fa Ivan è salito in cima al Kilimangiaro insieme ai compagni della Tinkoff. Con i suoi 5895 metri è la montagna più alta del continente africano: «Splendido, semplicemente splendido: arrivare lassù significa toccare il cielo e si provano sensazioni impossibili da descrivere. Vi basti sapere che sulla cima ho visto dei corridori, gente che ha vinto corse importantissime, piangere come bambini. Non dimenticherò mai quei giorni, e quando smetterò di correre tornerò lassù con un amico».
Prima, però, c’è ancora qualche corsa da fare: «Voglio un grande finale di carriera: me lo merito, e andrò a prendermelo. Correrò come non ho mai corso, perché per la prima volta da un sacco di tempo non avrò addosso i galloni del capitano e sarò libero di provarci. Dovrò aiutare i miei compagni, certo: ma avrò anche lo spazio per togliermi qualche sacrosanta soddisfazione. Nella mia vita ho realizzato tanti sogni, ma credo di averne altri ancora da raggiungere. Io ci proverò, come sempre». E poi basta: perché quando ti è nato un figlio da poche ore c’è solo una cosa che un papà desidera. Stare con lui.