La cucina è di per sé scienza -dice il suo maestro – sta poi al cuoco farla divenire arte. Per, la missione si può considerare compiuta. Il giovane chef di Fagnano Olona, 42 anni il 19 dicembre, è stato ieri insignito della prestigiosa Stella Michelin, e si aggiunge quindi alla cerchia ristretta dei ristoranti stellati in provincia di Varese, che già comprende MA.RI.NA. a Olgiate Olona, Ilario Vinciguerra a Gallarate e il Sole a Ranco.
Il riconoscimento se lo è meritato dopo una carriera da giramondo, dopo aver studiato da personalità quali appunto Gualtiero Marchesi, ma soprattutto , il suo vero punto di riferimento. E’ stato uno dei primi docenti della Scuola Alma di Colorno, nel Parmense, e ha cucinato a Parigi, Tokyo, Dublino, Strasburgo, Milano, prima di approdare nella piccola Fagnano Olona, al Ristorante Acquerello, che ha aperto nel 2008 con una gestione totalmente famigliare, ed un socio speciale:
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un coreano davvero in gamba. Una storia fatta di passione, soprattutto per la cucina italiana: «Il mio segreto è quello, cucino semplicemente italiano. Ormai nessuno lo fa più, sembra essere passato di moda. Questo riconoscimento arriva dopo sette anni di lavoro, non è una sorpresa. E’ il frutto della passione e dell’impegno che mettiamo ogni singolo giorno in questo mestiere». Ecco, forse il vero punto di forza è questo, la passione: «E’ fondamentale avere sempre voglia di fare ciò che fai, o in ogni caso cercare di farlo bene e di essere perfetti anche nelle giornate in cui non sei ispirato. E possono capitare, è normale. Però bisogna tenere duro, andare avanti, entrare in questo mondo e non perdere mai la passione, che è la vera linfa».
Sicuramente alle interviste preferisce la cucina, ma la soddisfazione di un traguardo del genere non si può certo nascondere: «Dopo sette anni, non è una sorpresa, ma è certamente un premio al lavoro mio e di tutti colori che sono con me. Che in realtà non sono tanti, perché in società con me c’è Cheolhyeok Choi, un ragazzo coreano, poi c’è mio fratello, mia madre e Matteo, un universitario che ci aiuta». Nella sua formazione da cuoco, ha studiato alla corte di due pilastri della cucina come Marchesi e Leeman: «Diciamo che Marchesi mi ha introdotto alla professione, però le cose più belle le ho imparate con Leeman, che è il mio punto di riferimento». Solitamente un cuoco ha un piatto preferito, un cavallo di battaglia, qualcosa di particolarmente elaborato e fuori dagli schemi con cui si identifica. Invece anche in questo caso, Silvio ci spiazza: «Il mio piatto preferito è la carbonara. Però mi piace molto di più mangiarlo che cucinarlo. Lo considero il piatto più buono della cucina italiana, ma allo stesso tempo anche il più difficile da cucinare».