– La giornata nera delle attività finanziarie partita dalla caduta della borsa cinese continuerà a far sentire i suoi effetti.
Poi le borse si riprenderanno, tra alti e bassi come insegna la storia, ma il tonfo delle borse asiatiche ha messo in evidenza problemi che vanno oltre le oscillazioni.
In gioco c’è la credibilità di un intero paese che conta oltre un miliardo di abitanti: le manovre di queste settimane del governo cinese non convincono e ad emergere sono i problemi profondi di un’economia
che per molti anni è cresciuta a livelli difficili da sostenere.
Oggi ci spaventano le borse «ma quello è solo un segnale estremo che lascia intravvedere un quadro preoccupante dell’intera economia cinese alla quale siamo ormai tutti legati» spiega , docente di International Financial Markets della Scuola di Economia e Management della Liuc di Castellanza. Il ciclone che si è abbattuto sulle borse di tutto il mondo, spiega Esposito «non è un effetto diretto di contagio, perché gli investimenti diretti cinesi sono limitati: quello a cui assistiamo è un effetto psicologico».
Quello che preoccupa è quello che sta emergendo guardando oltre le quotazioni: «Preoccupa il complesso di misure e manovre poco ortodosse che il governo di Pechino sta mettendo in piedi» e soprattutto preoccupano i dati emersi in questi mesi e in queste ultime settimane. «La caduta della Borsa è un segnale estremo che lancia una forte preoccupazione e dipinge un quadro pericoloso dell’economia cinese».
Abbiamo già assistito all’esplosione di bolle speculative, bolle finanziarie e bolle immobiliari e proprio per questo sappiamo fin dove possano arrivare gli effetti: «Alla caduta della borsa dobbiamo aggiungere il crollo delle materie prime, il rallentamento della crescita dei mercati cinesi: sono tutti segnali del fatto che la crescita non c’è, sono dati negativi che non siamo abituati a vedere in Cina» sottolinea il docente di Liuc.
L’economia cinese è cresciuta negli ultimi venti, trent’anni «a tassi che non hanno precedenti nella storia: tassi difficili da sostenere, soprattutto quando, come adesso, ci sono moltissimi redditi medi nella popolazione».
Già da qualche anno si è iniziato a capire che il modello cinese non era poi così perfetto e che non poteva reggere: «La Cina ha legato il proprio sviluppo a due fondamentali fattori: l’urbanizzazione, la crescita del mercato immobiliare e le esportazioni» spiega Esposito.
Due pilastri che trainano la crescita certo, ma che non possono reggere all’infinito «non si può vivere all’infinito di esportazioni, continuando ad inondare i mercati con i propri prodotti».
È a questo punto, più o meno a partire dal 2010, che la Cina è dovuta passare ad una crescita guidata dai consumi interni «costruendo un sistema di servizi, un minimo di welfare – sottolinea Esposito – Na questo è un passaggio molto delicato e non sempre indolore».
Ecco perché oggi in Cina ci sono intere città fantasma, palazzi finiti mai utilizzati «e tutto questo ha portato ad una riduzione della crescita cinese». Oggi tutti «ci stiamo accorgendo che questo cambio di passo non sarà così indolore».
Non sono dunque solo gli investitori di borsa a correre rischi «le imprese ne risentiranno: e non solo chi lavora direttamente con la Cina, ma anche chi lavora con la Germania ad esempio».
Che ha già iniziato a vendere meno macchine al mercato cinese e, a cascata, avrà bisogno di minori componenti provenienti proprio dalle nostre imprese. «Ne risentirà il lusso italiano, i prodotti di moda, il turismo: molte imprese italiane che hanno rapporti diretti con la Cina hanno fatto i loro piani industriali ipotizzando tassi di crescita elevati, quelli che siamo abituati a sentire e che ora saranno rivisti».
Intanto aspettiamo la stabilizzazione dei mercati finanziari senza farci prendere dal panico: «Il rischio di vendere in giornate come queste è quello di incassare una perdita che non si recupera più» suggerisce Esposito.
E aggiunge: «Questi sono momenti importanti per capire se e quanto si è disposti a correre il rischio. Questo è il momento per chiedersi se quanto abbiamo allocato in borsa è troppo e ci getta nel panico e allora, una volta stabilizzati i mercati, rivedere la composizione del proprio portafoglio di investimenti».