Centri massaggi made in China A Varese è tutto un apri e chiudi

VARESE Aprono, chiudono, riaprono nella vetrina di fianco a qualche settimana di distanza con la stessa tipologia di servizi, ma per ora non si moltiplicano. Sono i centri massaggi cinesi che spuntano e si dileguano come funghi anche a Varese, e se ne sono accorti molto bene commercianti e residenti nella zona del centro.
Complice la facilità nel reperire una vasta gamma di clienti interessati, tra quelli di passaggio e quelli che ci arrivano apposta, negli ultimi due,

tre anni ne sono stati aperti poco meno di una decina. Ma solo tre sono sopravvissuti, e nessuno di questi è arrivato prima dell’anno scorso. Si tratta di quello in via Piave, quello in via Morosini e quello in viale Aguggiari.
Eppure, almeno a sentire chi abita o lavora nelle immediate vicinanze, gli affari girano a dovere. «Il via vai è sicuramente buono», garantisce Marco Ferrario, lavoratore dipendente vicino al centro di via Piave: «Le ragazze sono molto piccole e hanno vestiti molto succinti. All’inizio erano sempre le stesse, le vedevo perché stavano fuori dalla porta a fumare in gruppo; è da un po’ che non si vedono più così spesso, ho pensato che fosse passata la polizia a dire qualcosa». Saranno circa una decina a lavorare lì dentro, secondo la gente della zona, e tutte giovani o giovanissime. Il centro massaggi ha preso il posto di un negozio che aveva chiuso da tempo e occupa una porzione dello stabile al civico 23; di fianco un Kebap, sopra appartamenti. «Soprattutto quando hanno aperto – dice Sabrina De Rossi, residente – vedevamo dei macchinoni pazzeschi. Ma erano dei cinesi, non dei clienti».
Clienti che invece definisce «attempati», e «povera gente». «Ovviamente donne zero», precisa Maria Bianchi, anche lei impiegata lì vicino. «Ci sono queste ragazzine fuori che invitano il cliente ad entrare. E’ un po’ come succedeva in via Magenta prima che chiudesse». Proprio lì vicino infatti c’era stato il precedente: un centro massaggi aperto nel 2009, tra i primi della città, che ha chiuso i battenti lo scorso febbraio. In aprile ha aperto quello in via Piave. «Penso siano le stesse persone – dice Antonia Lacavalla – di certo lo stile è quello. Ogni tanto sbucano fuori in gruppo ragazzine con le calze a rete, gonne inguinali e delle pantofoline in velluto rosso». Entrando però l’ambiente non dà l’impressione che ci si aspetterebbe, o almeno non a prima vista restando nell’atrio. Nessuno parla italiano, questo va detto, e nemmeno l’inglese. Capiscono almeno la parola “massaggio” e porgono gentilmente un opuscolo da cui si può indicare il tipo di servizio desiderato: rilassante, al viso, thailandese, giapponese, a quattro mani, o “con Bagno Vasca”, della durata di un’ora.
Gira meno gente nelle ore del giorno invece nel centro massaggi in via Morosini, che si trova nella piazzetta interna confinante con piazza XX Settembre. «Sono aperti da mattina a sera, ma non vedo nessuno se non la sera tardi quando magari mi capita di tornare qui per preparare delle cose in negozio», racconta Manuela Ornaghi. «Le ragazze saranno quattro o cinque, tutte abbastanza giovani anche se non saprei davvero dare un’età. Non mi pare però che siano vestite in modo particolarmente ammiccante».
Francesca Manfredi

s.bartolini

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