Le migliorie stanno arrivando ma il problema resta. (Insieme per Fagnano) torna a intonare alla giunta del sindaco il suo refrain sulle case di via Montello destinate all’ospitalità degli immigrati: anche potenziando la struttura, lo spazio è poco e le persone sono troppe. Ergo, conclude, potrebbe crearsi più di un problema.
«Prima le persone ospitate nei quattro appartamenti erano una quarantina – ricorda – e già quella situazione poteva creare qualche compenso, adesso che sono una novantina è ancora peggio, poi se si pensa che vi è un solo wc a disposizione per tutti». Adesso, però, sono in vista miglioramenti anche sulla scorta di quanto ha osservato l’Ast ispezionando il luogo in questione. E quali nuovi colori siano destinati ad arricchire il quadro e a rendere la situazione un po’ più sostenibile in termini di vivibilità lo spiega a chiare lettere l’assessore a urbanistica ed edilizia privata : «I lavori sono cominciati – ha spiegato – hanno già fatto l’intervento sull’impianto elettrico e sono state riparate le infiltrazioni, per quanto concerne i bagni sono stati ricavati degli spazi per implementare lavabi, docce e servizi igienici, è stato un intervento concordato appunto con l’Ast».
Certo, ha ribattuto Saporiti, la criticità potrà anche ridursi ma non raggiungere il livello zero. «Sono interventi che occorrevano – ha spiegato – ma il problema del sovraffollamento resta, anche realizzando altri cinque, sei o sette servizi igienici si hanno comunque condizioni di gestione per nulla facili; il problema di fondo resta, come fanno una novantina di persone a vivere in quattro appartamenti avendo a disposizione tre metri quadrati per persona, di cui due per il letto? Francamente la situazione permane inaccettabile, io dico che si sarebbe dovuta segnalare prima la cosa perché stare zitti e accettare tutto senza dire nulla non contribuisce certo a migliorare la situazione; occorreva essere più energici dall’inizio».
Gli immigrati che hanno trovato accoglienza nella struttura hanno le più svariate provenienze geografiche; a fare la parte del leone è il Senegal ma si annoverano anche presenze di cittadini di Bangladesh, Guinea, Mali, Nigeria e Ghana. Al di là del problema della convivenza logistica, quindi, ben si comprende come vi sia anche la necessità di tracciare solidi ponti sul piano culturale e linguistico. Un processo indubbiamente in parte già avvenuto ma che esige di fare ancora un non irrilevante pezzo di strada per migliorare la situazione.