Lavena Ponte Tresa Dopo il dumping salariale è la volta di quello sociale. È un nuovo campanello d’allarme quello che si leva dal Canton Ticino. Denunciato da diversi esponenti politici, dell’Udc ticinese ma anche del Ppd, il Partito popolare democratico, e dal sindacato Ocst, l’Organizzazione cristiano sociale ticinese. L’annuncio del resto si presta a polemiche. «Cerchiamo programmatore/trice web con ottima conoscenza Joomla, Html, Flash e necessariamente residente nei comuni frontalieri». Questo in sintesi quanto richiesto da un’azienda informatica «della zona di confine» unico “indizio” reso noto dai sindacati. Ragione per cui un giovane studente in ingegneria informatica presso la Supsi, alla ricerca d’impiego, dopo averlo scoperto sulla rete internet ha deciso di segnalare il caso.
Subito colto da Lorenzo Jelmini, del Ppd, che non ha perso tempo e si è rivolto con un’interrogazione al Consiglio di Stato, il governo del Canton Ticino. «Evidentemente non sono tanto le conoscenze tecniche richieste che pongono il problema – scrive Jelmini – quanto piuttosto l’indicazione sulla provenienza dei candidati. Gli interessati, infatti, devono assolutamente risiedere oltre confine: residenti in Ticino o svizzeri astenersi».
Da qui la richiesta di valutare se «questo annuncio, e di conseguenza l’atteggiamento dell’azienda, violi gli Accordi Bilaterali siglati tra la Svizzera e l’Unione Europea e cosa si intenda fare in questo senso». Ancor più duro Marco Chiesa dell’Udc. «Le mezze misure – conferma – non bastano più, è necessario che le istituzioni ticinesi intervengano per combattere l’implementazione di vere e proprie aziende succhia sangue nel nostro Cantone». Parole accompagnate da una richiesta choc. «Stilare e pubblicare un registro cantonale di ditte attive nel settore terziario – aggiunge Chiesa – che impiegano più del 50% di personale frontaliero».
Non meno pesanti le prese di posizione del sindacato Ocst. «Servono misure di accompagnamento adeguate – rivendicano – per far fronte a questi fenomeni, si tratta di una deriva dannosa. Se lasciate prosperare, queste pratiche iniettano germi di conflittualità tra le diverse componenti della manodopera, mettendo in contrapposizione e concorrenza i residenti e i frontalieri».
Intanto la disoccupazione ticinese arretra. È quanto emerge dai dati resi noti dal Dipartimento dell’Economia: lo scorso mese erano iscritti agli Uffici regionali di collocamento 7370 disoccupati. Rispetto a febbraio, infatti, il loro numero è calato di 826 unità (-10,1%).
f.artina
© riproduzione riservata