Egregio Direttore,
Scrivo questa lettera perché sono rimasto sconcertato dall’articolo letto sul vostro giornale in data mercoledì 25 gennaio. Nell’articolo in questione si racconta la storia di un disgraziato che ha commesso un furto sacrilego a Porto Valtravaglia nel 2020.
Egli è entrato in chiesa con un complice in un momento in cui questa era vuota ed utilizzando un crocifisso come leva ha scardinato il tabernacolo, da cui ha poi sottratto il calice con le ostie consacrate ed è fuggito.Essendo totalmente sprovvisto del senso del sacro, il personaggio si è poi sbarazzato del tesoro conservato nel tabernacolo per appropriarsi della semplice pisside che celava le particole consacrate che sono, secondo l’insegnamento della Chiesa, Vero Corpo e Vero Sangue di Gesù Cristo.
Il Santissimo Sacramento è stato gettato non si sa dove, abbandonato forse nella spazzatura o tra i cespugli o in altri luoghi indecorosi.Il disgraziato è stato facilmente catturato dalle forze dell’ordine, le quali sembrano essersi preoccupate più dei vasi sacri che del contenuto veramente sacro che è stato profanato. Nell’articolo neppure il giornalista si pone delle domande su quale sorte abbiano avuto le ostie consacrate.
E per concludere questo inno alla superficialità, anche il giudice ha ritenuto che non vi fossero gli estremi per condannare il colpevole (omertoso, dato che non ha mai rivelato neppure il nome del suo complice, non mostrando evidentemente alcun pentimento sincero) data la presunta “scarsa rilevanza” del reato commesso. Spiace constatare che nessuno abbia considerato la gravità del gesto e le sue conseguenze.
La cultura di questa nazione chiamata Italia affonda le sue radici nella cultura cattolica. La fede non è un gusto personale, ma è una cultura che ha modellato per secoli e tuttora forma l’identità della nostra nazione. La cattedrale di Orvieto ne è un esempio, gli altari ed i tabernacoli di ogni parrocchia ne sono un esempio, i santuari eucaristici sparsi nella penisola ne sono un esempio, le processioni del Corpus Domini che avvengono una volta all’anno per le ho strade delle città italiane ne sono un esempio, papa Giovanni Paolo II in ginocchio sofferente davanti al tabernacolo ne è un esempio.
Ciò che è stato compiuto e la punizione non comminata a colui che ha commesso un crimine grave (per la fede di chi crede e per l’intelligenza e la cultura anche di chi non crede) lasciano basiti.
Che cultura è quella cosiddetta cultura che non rispetta il senso del Sacro? Che generazioni alleveremo se le priviamo del senso del rispetto pubblico e del decoro per la religione? Che cultura giuridica è quella che considera la protezione dell’involucro più preziosa del sacro contenuto che accoglie? Che cultura giuridica è quella che valuta la gravità di un gesto solo in base al suo semplice valore economico?
Le ostie consacrate (per ogni credente cattolico vero Sangue e vero Corpo di Gesù) sono state profanate, nostro Signore offeso, la nostra fede ferita, la nostra cultura storica, religiosa e giuridica umiliata.
E Ponzio Pilato ancora una volta se ne è lavato le mani. Se una fede non si fa cultura non serve a nulla, se una cultura non si fa legge non serve a nulla. E se questo è il risultato, nella nostra nazione non c’è più fede vissuta, non c’è cultura storica, non c’è più cultura legale. Un pessimo segnale per il futuro. Mala tempora currunt.
Stefano Clerici