Chi di sigla ferisce nella tasca infierisce

Ci sono voluti vent’anni. Finalmente, ecco il federalismo fiscale. «La Tari dribbla il blocco Iuc. L’acconto sarà calcolato in percentuale su Tares, Tarsu o Tia 2013».

È Il Sole 24 Ore del 26 marzo scorso a riassumere l’epocale novità. Non avete capito? Niente paura. Il bollettino delle tasse vi chiarirà le idee. Nel 2014 sarà superato il record dell’anno scorso. Imu, Tari, Tasi, Iuc e affini: più di 52 miliardi arriveranno al Fisco dagli immobili. Lo Stato italiano rende concreto il motto di Proudhon: la proprietà è un furto. Ladro è il cittadino, per la sua criminale (…)

(…) tendenza a possedere casa, terreno o capannone. Avete bisogno di chiarimenti? Potete chiedere al Mef, che sta scrivendo il Def, da mandare all’Ue insieme al Pnr. Che c’entra l’Ue? Lo sanno anche i bambini che applaudono il premier: è l’Europa che ce lo chiede. Davanti ai totem, non bisogna avere tabù.

D’altro canto, se vogliamo finanziare l’Efsm e garantire liquidità alle Ltro della Bce, dovremo pur mettere mano al portafogli per quella cinquantina di miliardi. O vogliamo mandare in malora i nostri fratelli Pigs? Siamo gente di cuore, che non si ferma davanti alle meschine preoccupazioni per un Fiscal Compact.

Difficoltà di comprensione? Eccesso di sigle? È solo colpa nostra. Non ci siamo voluti aggiornare. Gli ultimi Governi non hanno fatto altro che semplificare. Gli strumenti ce li hanno dati. Sta a noi usarli. Non siete convinti? Provate a ricordare. Novembre 2011: lo spread, il baratro, il default, la rovina incombente.

Per nostra fortuna, il Re riuscì a scovare un salvatore della Patria: un sobrio Professore che si nascondeva modesto tra le “riserve della Repubblica” (non sottilizzate: la Repubblica monarchica non è un ossimoro).

L’operazione aveva anche un pregevole vantaggio collaterale: evitare al popolo il ricorso a quella obsoleta e dispendiosa prassi delle elezioni politiche, che nei tempi bui della prima e della seconda Repubblica erano ottusamente considerata una forma di democrazia. Sgombrato il campo dai ciarpami del passato, dopo aver efficacemente combattuto il reato di proprietà privata con l’arma dell’Imu, il Professore ha pensato di semplificare la vita ai suoi alunni. Nacque un capolavoro.

Il “Decreto semplificazioni”: «All’articolo 19, della legge 7 agosto 1990, n. 241, al comma 1, dopo le parole “decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché” sono inserite le seguenti: “ove espressamente previsto dalla normativa vigente”». Non bastava. Dopo il Professore, Sua Maestà ha incaricato il premier Nipote. “Decreto del fare”: «All’articolo 13-bis, comma 5, del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, le parole: “di cui all’articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,” sono soppresse».

Chiaro, no? Ora è stato cooptato un nuovissimo Presidente del Consiglio. Lo chiamavano il Bomba. Qualche buontempone ha estratto dalla biblioteca l’aureo libello di Lenin: Un passo avanti, due passi indietro.

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