Tre passi alla meta per la Pro Patria. Tre sforzi per apparecchiare gli altri due da compiere nei playout: Cremonese sabato in casa (ore 14.30), a Venezia il 1° maggio (ore 15) ed infine nuovamente allo Speroni contro il Monza il 10 maggio (ore 15). Tre impegni che non possono spaventare. 270 minuti che devono essere giocati dalla Pro del secondo tempo di Renate.
Meglio, a dire il vero. Molto meglio. Lasciando la timidezza negli spogliatoi ed anche qualche giocatore che non sembra sintonizzato sulla delicatezza ed importanza della stagione. Un altro centrocampo, per intenderci, e magari qualche soluzione più incisiva per l’attacco.
È il compito di Montanari che ben conosce il valore dei suoi giocatori, sia nei piedi che nella testa.
Non che abbondi la qualità, nell’uno e nell’altro verso. È risaputo. Per arrivare però alla meta, per tagliare il traguardo di mezzo (i playout invece dell’ultimo posto), occorre la collaborazione di chi sta fuori dal campo. Di chi sta sugli spalti.
Purtroppo a Meda le lancette dell’orologio non avevano ancora compiuto il primo giro e già
si sentivano cori invitanti a tirar fuori gli attributi. In apparenza un incoraggiamento, nella sostanza la dimostrazione che non si aveva e non si ha molta fiducia in questa squadra. E se, pronti via, ti arrivano nelle orecchie solenni ammonimenti, la salita s’impenna.
Vero, ci sono stati anche cori d’incoraggiamento che sono andati scemando nel corso del secondo tempo, dove è apparso nitido quello «serie D, serie D». E non arrivava certo dal settore degli aficionados del Renate, così come l’incitamento sarcastico verso la squadra di Boldini, in segno di disprezzo verso la propria.
Assodata la legittimità di esprimere il proprio pensiero, non si aiuta la Pro Patria se ognuno va per la propria strada, se ciascuno prende le distanze nel momento in cui occorre avere ancora più fede.
Difficile stare lì vicino quando si è in fondo alla classifica e si fatica a venirne fuori. Ma se non c’è la collaborazione di tutti, la partecipazione di chi dice di sentirsi partecipe di quei colori, beh, diventa problematico se non impossibile arrivare alla meta.
A meno che non si voglia mettere in atto un gioco al massacro. Cui prodest? Di sicuro non alla Pro Patria. Purtroppo in diversi settori della tifoseria, visto che alla guida di questa Pro vi è l’odiato Vavassori, che solo cinque giorni fa ha pagato gli stipendi di gennaio e febbraio e versato i relativi contributi, mentre da altre parti (Monza) ne hanno pagato finora solo mezzo e così sarà fino alla fine della stagione, questa Pro Patria non la ritengono legittima ai loro occhi.
Una tesi che trova adepti anche all’interno di Palazzo Gilardoni. Da qui le voci che si voglia costituire una nuova Pro Patria che abbia tutti i crismi per giocare allo Speroni e con alla guida personaggi “amici”. Che, se poi non dovessero pagare, chi se n’importa. Sono comunque dei nostri.
A prescindere comunque da voci più o meno fantasiose, ad oggi esiste una sola Pro Patria ed è quella che va in campo tutte le settimane.
Una squadra che ha bisogno del calore del suo pubblico per rimanere in Lega Pro. Per stare coi piedi piantati nel calcio professionistico a patto che qualcuno porti avanti la sua storia.
Il tempo di Vavassori è comunque finito e qualcuno che possa prendere il suo posto per ora non si vede all’orizzonte. È qui che si gioca la vera partita: gli insulti non portano sghei.