Cimberio: «Frank non lo riconosco Che dirà ai tifosi in piazza per lui?»

Roberto Cimberio ha vissuto una stagione così, a metà strada tra l’essere sponsor e l’essere tifoso: a metà tra il bisogno di sognare e la necessità di tenere i piedi per terra. «Da quando abbiamo iniziato a sponsorizzare la squadra di Varese, ho un sogno. Quello di vedere uno stendardo verde appeso in cima al palazzetto, con sotto il mio nome. Cimberio di fianco a Ignis, Mobilgirgi, Emerson».

Maledettamente vicini. Fin dalle prime partite dei playoff mi sorprendevo a scrutare il soffitto per immaginarmi come sarebbe stato, che sensazione avrei provato, che effetto avrebbe fatto.

È rimasto un sogno nel cassetto. E visto che non staremo per sempre a Varese, spiace dover dire che abbiamo sprecato una gran bella occasione. Quando si sfiora un sogno, poi, si reagisce in due modi: o ci si riprova subito, oppure si cambia sogno.

Abbiamo delle idee, abbiamo dei progetti, abbiamo degli obiettivi. Bisognerà sedersi attorno a un tavolo per parlarne. E sul futuro, non chiedetemi altro.

Un polpaccio: quello di Dunston. Con lui non dico che sarebbe stata una passeggiata, ma quasi: avevamo davvero tutto per vincere, e questo è un rammarico che non se ne andrà mai.

No. Perché mi aveva dato l’impressione di essere un uomo che crede più nei progetti piuttosto che all’aspetto meramente economico: l’uomo Vitucci mi aveva conquistato, e ora non so cosa pensare.

Il Vitucci di questi ultimi giorni ha dato un’immagine di sé completamente diversa rispetto a quella che avevamo conosciuto in tutti questi mesi. E ora non so se il vero Frank è quello di questi giorni o quello del campionato: perché è impossibile che nella stessa persona possano convivere due anime così diverse.

Nel momento in cui ha pensato di andare via, ha fatto bene a farlo. Lui probabilmente temeva di non riuscire a replicare l’annata appena conclusa perché per forza di cose la squadra sarebbe stata smantellata: però ha letto male la situazione.

Il fatto che settimana scorsa ci fossero duemila persone in piazza ad applaudire una squadra sconfitta, dice tutto su Varese: nessuno pretendeva un’altra stagione così. O meglio: nessuno pretendeva gli stessi risultati, perché la gente non è stupida. Tutti avrebbero preteso lo stesso impegno, la stessa capacità di lottare sempre fino all’ultimo, lo stesso spettacolo. Ed era certa che con Frank queste cose sarebbero rimaste.

Si riparte con la stessa fiducia. Vitucci è stato nominato coach dell’anno, il prossimo campionato questo titolo andrà a qualcun altro: non succede mai che uno lo vinca per due volte di fila. Però potrebbe succedere che per due volte di fila lo vinca l’allenatore della stessa squadra.

Cecco ha dei pregi, e dei difetti. E siccome lo stimo molto, mi permetto di farglieli notare.

Vescovi pecca un po’ in comunicatività: non è facile parlare con lui e confrontarsi, non è facile capire le sue emozioni. E questa cosa a volte mi ha messo un po’ in difficoltà. Però…

Però poi ci sono i pregi: e io credo che Vescovi sia stato il miglior presidente della Pallacanestro Varese da un bel po’ di anni a questa parte. Professionale, equilibrato, è stato capace di sopportare momenti difficili e persone complicate mettendoci sempre quella serietà che negli ultimi anni è un po’ mancata.

Non ha mai fatto la primadonna, non ha mai fatto la stella: rimarrà in società, e io ne sono davvero felice.

Cecco è un grande manager, e i grandi manager hanno sempre margini di miglioramento. Scherzi a parte, credo che a Vescovi vada un grande merito che nessuno ancora ha sottolineato a sufficienza.

Abbiamo vissuto una stagione pazzesca, a ritmi vertiginosi e senza fiato: il rischio di prenderci troppo la mano è stato forte. Lui è stato la figura che ha gestito questa ubriacatura con calma e professionalità.

Non è mai salito sul palco a prendersi dei meriti sacrosanti per quello che stava succedendo, nonostante attorno a quel palco ci fosse una folla di persone che pretendevano di saltarci su, senza meritarlo.

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