di Francesco Caielli
Varese Ci sono delle persone talmente speciali che sono capaci di rendere migliore la vita degli altri semplicemente con la loro presenza discreta. Persone uniche, che a volte si ha la fortuna di conoscere e incontrare, e che riescono ad entrarti dentro per non andarsene più. Persone che, se il mondo fosse giusto, dovrebbero avere il permesso di non morire mai. Diego Salice era una di queste: braccio destro di Gianfranco Castiglioni per il quale era l’autista,
l’amico, il consigliere, un terzo figlio acquisito. Il Diego ieri mattina se n’è andato, dopo una lotta contro un male bastardo e incurabile che se l’è portato via a nemmeno cinquant’anni. In pochi, tra i tifosi e gli appassionati di basket, lo hanno conosciuto: la forza del Diego era proprio la sua discrezione, il suo esserci senza farsi vedere, la sua presenza silenziosa e irrinunciabile. A noi, del Diego, vengono in mente solo immagini belle: il Diego che sorride, il Diego e la sua risata convinta e contagiosa, il Diego che risponde – sempre lui – al cellulare di Gianfranco Castiglioni, il Diego al palazzetto seduto nella prima fila della tribuna stampa capace di appassionarsi e di seguire le partite come un vero tifoso. Persone così, persone come il Diego, quando se ne vanno lasciano un vuoto enorme, che a guardarlo mette quasi paura. Noi lo ricorderemo sempre seduto al posto di guida della Lancia blu del suo “diretur”, pronto a scattare a ogni richiesta spinto dal suo senso del dovere ma, ancora di più, dalla sua generosità. Solo, da oggi, non riusciremo più a fare il numero di cellulare di Gianfranco Castiglioni, perché non ci parrà vero di non sentire la sua voce e la sua risposta di sempre: «Ah, siete quelli della Provincia. Le passo il signor Gianfranco».
COME UNO DI FAMIGLIA
«Il Diego – racconta distrutto Claudio Castiglioni – era uno della nostra famiglia: per mio papà era come un figlio, per me e Davide era un fratello maggiore». Riusciamo solo a immaginare il dolore che in queste ore sta sconvolgendo Gianfranco Castiglioni, perché siamo stati testimoni diretti del bene che voleva al suo Diego e di quanto fosse importante per lui averlo sempre al suo fianco. «Ha combattuto – continua Claudio – ha combattuto come un leone contro un avversario troppo forte, che si sapeva quasi invincibile. Eppure lui non si è mai tirato indietro, e ha lottato fino all’ultimo momento. Questa è l’ultima lezione che ci ha lasciato, e che non dimenticheremo mai». Negli otto anni in cui la famiglia Castiglioni è stata alla guida della Pallacanestro Varese si sono alternati momenti di gioia e soddisfazione (troppo pochi) e momenti di dolore. In una giornata tanto brutta il nostro pensiero corre a Cesare Fermi, amico fraterno di Gianfranco Castiglioni scomparso nel 2005: senza cadere nella retorica e nel sentimentalismo, ci piace immaginarceli insieme da qualche parte, a ridere del mondo. I funerali del Diego si terranno domani nella chiesa di Dongo, il suo paese d’origine.
AVANTI LO STESSO
La voglia di parlare di basket è poca, anzi: davvero non ce n’è. Ci permettiamo la presunzione di prendere dall’entusiasmo del Diego e dalla sua passione lo spunto per andare avanti a disquisire di palloni e canestri, convinti che a lui piacerebbe così. E allora troviamo la forza di dire che a mente fredda e a qualche ora di distanza la vittoria contro Teramo appare ancora più importante e ancora più bella, che la Varese vista nell’ultimo mese lascia un sacco di spazio all’ottimismo, che domenica si può davvero andare a Biella per provare a vincere e fare un altro passo avanti sulla strada che porterà dove ancora non si sa. Ma abbiamo tutta una settimana davanti per parlare di quella partita. Oggi, sinceramente, non ne abbiamo voglia.
a.confalonieri
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