Roma, 14 dic. (TMNews) – In Cina “il cambiamento verrà dal cuore dei giovani. Hanno le loro opinioni, il loro sapere, sanno ciò che è giusto e ciò che non lo è e nessuno può cambiare questo”: è Ai Weiwei, l’artista caduto in disgrazia con il regime di Pechino, che parla, in una lunga intervista rilasciata a El Paìs dal suo studio-prigione, con cinque veicoli della polizia a fare la guardia fuori e le telecamere sulla strada a controllare chi entra e chi esce.
Ai Weiwei non può uscire dalla capitale cinese. Il 3 aprile la polizia lo ha fermato all’aeroporto, lo ha bendato e condotto in un luogo segreto, dal quale è uscito solo 81 giorni dopo. “Successivamente annunciarono al mondo che avevo evaso le tasse”, ha spiegato al quotidiano spagnolo, anche se le accuse erano rivolte alla sua società, che è intestata alla moglie. Per ricorrere in appello, l’artista dissidente ha dovuto pagare 1,76 milioni di euro, soldi, per fortuna, racimolati con le donazioni, soprattutto online, di migliaia di persone che lo sostengono: “Gente normale, studenti. E’ bello, perchè pensiamo che questo sia un tempo di cambiamento”, ha spiegato.
L’artista, che ha firmato anche lo Stadio olimpico di Pechino, ha detto che molti pensano che lui sia “coraggioso e potente”, mentre in realtà è “molto vulnerabile e fragile”. Di recente le sue critiche contro il governo, tuttavia, si sono fatte più forti: “Prima non usavo internet. Non sapevo come comunicare. Ora, con internet, puoi esprimere le tue idee in modo più efficace”. Al giornalista che gli chiede se vuole fare politica, Ai Weiwei risponde: “Non è mai stata mia intenzione, però la vita non permette di evitare gesti politici in una società molto politicizzata”.
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