Carla, Claudia, Naomi, Cindy, Helena. Cinque nomi mitologici, come solo chi puoi riconoscere senza accanto un cognome può esserlo. Cinque top model, di oro vestite, che sfilano sul catwalk della sfilata di Versace alla Milano Fashion Week dietro il passo marziale di donna Donatella a ricordare il fratello Gianni, maestro e icona del Made in Italy nel mondo, scomparso vent’anni fa.
Carla (Bruni), Claudia (Schiffer), Naomi (Campbell), Cindy (Crawford), Helena (Christensen). Cinque cinquantenni, su per giù, che con il loro fascino inattaccato, con il loro portamento, con la loro bellezza di una disarmante autenticità fanno impallidire stuoli di parvenu, starlette e blogger aggrappate ai loro posticci piedistalli. Cinque donne per un’era golden più del tessuto dei loro abiti mozzafiato. Cinque meraviglie che fanno sospirare, e non solo per i loro geni messi lì con una perfezione abbagliante. Ma perché nel loro incedere così aulico, sicuro, ammaliante è racchiusa tutta un’epoca. L’epoca in cui tutto era (ancora) possibile. L’epoca in cui la qualità regnava sovrana e la moda era sogno e non mercificazione selvaggia. L’epoca in cui Photoshop era agli albori e per sfondare dovevi davvero dimostrare di essere qualcuno.
Nostalgia canaglia? Forse. Ma per una manciata di minuti è stato bello pensare che tutto questo sia esistito davvero.