Bruxelles, 30 ott. (Apcom) – L’accordo sul clima raggiunto dai leader dei Ventisette al Consiglio europeo, oggi a Bruxelles, non sarà esaltante, ed è già stato fortemente criticato dalle Ong ambientaliste internazionali, deluse per l’ennesimo appuntamento mancato con gli impegni finanziari cifrati dell’Ue per aiutare i paesi in via di sviluppo a tagliare le emissioni e ad adeguarsi al riscaldamento globale. Ma il vertice Ue, condotto con abilità e determinazione dal presidente di turno, il premier svedese Fredrik Reinfledt, ha avuto un merito indubbio: ha sminato il terreno verso la cruciale conferenza Onu di Copenhaghen, a dicembre, che dovrà trovare l’accordo internazionale sul clima per il periodo post-Kyoto (dopo il 2013), disinnescando l’opposizione dei paesi dell’Est, che stava diventando pericolosa per l’unità dell’Ue, per credibilità della sua leadership internazionale e anche per l’integrità ambientale del futuro accordo.
Questo era, in fondo, il compito che si era proposto Reinfeldt. E’ vero che il presidente avrebbe voluto anche indicare le cifre dei finanziamenti Ue per i paesi in via di sviluppo, ma fin dall’inizio del vertice, ieri, contro questa possibilità si erano schierati la Germania, la Francia e l’Italia, adducendo motivazioni tattiche (meglio non scoprire le carte in anticipo e metterle sul tavolo durante il negoziato di Copenaghen).
I paesi dell’Est temevano di vedersi chiedere dall’Ue contributi finanziari considerati insostenibili, anche perché a partire dal 2013 dovranno rinunciare ai loro diritti di emissione non utilizzati, che oggi possono vendere a caro prezzo, e di cui dispongono perché, rispetto all’anno di riferimento (il 1990) hanno tagliato il CO2 molto più di quanto prescrive il Protocollo di Kyoto (2008-2012). E non per aver reso più efficienti i propri sistemi energetici e manifatturieri, ma a causa della deindustrializzaione seguita al collasso del socialismo reale (le Ong ambientaliste indicano questi diritti di emissione con una colorita espressione: “hot air”, aria calda). Non potendo più vendere questi diritti di emissione nel periodo post-Kyoto, i paesi dell’Est chiedono ora delle compensazioni, e in particolare una riduzione del loro contributo ai finanziamenti Ue per i paesi in via di sviluppo.
(Segue)
Loc
© riproduzione riservata