«Quella lettera non l’ha scritta Stefano Binda, sono stato io». Subito un colpo di scena in apertura di udienza. Il 4 aprile un avvocato di Brescia ha ricevuto mandato di rappresentare il presunto e vero autore della lettera in morte di un’amica, missiva anonima recapitata a casa Macchi il 10 gennaio 1987 giorno dei funerali di Lidia Macchi, che l’accusa attribuisce a Binda e che considera attribuibile all’assassino della giovane. Ebbene il legale bresciano rappresenta invece quello che sarebbe il vero autore della missiva,
per sua stessa ammissione. L’uomo preso dal rimorso dopo l’arresto di Binda, in carcere da oltre un anno, avrebbe deciso di farsi avanti confessando di essere lui l’autore della famosa lettera. E decidendo di farsi rappresentare da un legale. Chi sia l’uomo che si è fatto avanti assumendosi la responsabilità di aver scritto la missiva al momento non è noto. La lettera del legale, che a questo punto è stato inserito settimana scorso in lista testi, è stata notificata alla procura generale di Milano, al presidente della corte d’assise e ai difensori di Binda, Patrizia Esposito e Sergio Martelli. Il difensore ha comunicato che Binda si è dichiarato grato alla persona che si è fatta avanti dicendo di essere l’autore della lettera.
Alla domanda del perchè quest’uomo non si sia fatto avanti prima il difensore Patrizia Esposito ha risposto: «Probabilmente per l’illogico assioma per cui l’autore della lettera sarebbe anche l’assassino di Lidia Macchi».
Il processo per l’omicidio di Lidia Macchi è iniziato alle 9. Stefano Binda, era stato arrestato il 15 gennaio 2016 con l’accusa di aver ucciso la giovane studentessa varesina il 5 gennaio 1987. Il 50enne di Brebbia è presente in aula, dimagrito di 20 chili, con un lungo pizzetto, jeans, giacca blu, camicia bianca e appare tranquillo. Presente, come parte civile assistita dall’avvocato Daniele Pizzi, anche Anna Bettone, la madre di Lidia.
La corte d’assise presieduta da Orazio Muscato si è ritirata per deliberare sulle eccezioni preliminari. Si torna in aula alle 13.
La Corte ha rigettato la richiesta di scarcerazione dei difensori e quindi Binda resterà in carcere.