Funzionario postale infedele indagato per peculato: per l’autorità giudiziaria ha sottratto circa 40 mila euro dai conti dei correntisti. L’indagine partita circa un anno fa: uno dei correntisti si è accorto che all’appello mancavano 15 mila euro. «Avevo fatto un prelievo da uno sportello diverso da quello di Comabbio – racconta il malcapitato – Ho controllato la lista dei movimenti e ho visto l’ammanco».
Il cliente si è quindi rivolto all’ufficio postale di Comabbio, dove il conto era stato aperto. E lo zelante funzionario ha parlato di un disguido, un errore. E che tutto sarebbe tornato a posto nell’arco di pochi giorni: «Al massimo una settimana». Effettivamente quei 15 mila euro mancanti in sette giorni sono ricomparsi. «Ovviamente ho chiuso il conto e ho immediatamente sporto denuncia – racconta la vittima – Era chiaro che qualcosa non andava, che non poteva trattarsi di un mero errore».
L’indagine, affidata alla polizia di Stato di Varese, avrebbe portato alla luce una situazione decisamente più ampia. Una sorta di sistema: «Controllando i movimenti pregressi ho notato altri due prelievi non eseguiti da me – spiega il malcapitato – I soldi sparivano e poi veniva rimessi sul conto corrente. Sono stato fortunato: io personalmente non ho perso nulla». Per almeno altre quattro persone, invece, è andata diversamente. Secondo quanto sostenuto dall’autorità giudiziaria il funzionario era entrato in una sorta di vortice: prelevava i soldi dei correntisti per uso personale. Quindi spostava denaro da un altro conto per coprire il buco che aveva aperto nel precedente.
Le coperture, a quanto pare, veniva eseguite sui conti delle vittime giudicate più guardinghe. Persone meticolose nei controlli, persone di giovane età che avevano dimestichezza anche con verifiche telematiche o attraverso gli sportelli automatici. I meno attenti, invece, veniva lasciati scoperti. E quel denaro, sempre per l’accusa, finiva nelle tasche del funzionario infedele. Da quella denuncia presentata un anno fa l’inchiesta ha ricostruito tutto il presunto giro di denaro: a quanto pare gli ammanchi ad oggi quantificati si aggirerebbero intorno ai 40 mila euro. Dal racconto dei malcapitati depredati emerge anche un modus operandi bizzarro da parte del funzionario che «con il senno di poi potrebbe trovare negli ammanchi la sua spiegazione». Il funzionario registrava manualmente ogni minima variazione relativa al libretto di risparmio: anche un semplice cambio di nome non veniva mai effettuato in modo telematico. E se il cliente chiedeva un cambio “radicale” del libretto il funzionario ne forniva uno nuovo di zecca. Impedendo di fatto ai correntisti di visionare tutte le operazioni eseguite.
Nel corso dell’inchiesta sono emersi anche prelievi eseguiti da sportelli automatici ma non dai titolari dei conti. Ora si cercano i soldi sottratti. E ancora non è affatto chiaro per quali scopi il funzionario utilizzasse i presunti fondi ottenuti con l’illecito.