Bisognava ripartire dal secondo tempo di Sesto San Giovanni e invece si è ripiombati all’interno della prima frazione, fatta di disattenzioni ed errori che con la nuova Varesina centrano poco e nulla. Prima di parlare del match perso contro la Caronnese è doveroso precisare una cosa: siamo soltanto – e ribadiamo il soltanto – alla terza giornata. Fare processi o sputare sentenze sarebbe insensato e fuori luogo, quindi ci si dovrebbe limitare a esprimere dei pareri su quelli che sono errori e difficoltà
emerse nelle ultime partite. Partiamo con lo specificare che a livello tecnico e tattico si può sbagliare; potremmo dire, volendo trovare un lato positivo in questi errori, che è doveroso commetterli all’inizio per correggerli subito e non doverseli trascinare dietro per lunghi tratti della stagione. Anche perché non dobbiamo dimenticarci che le squadre hanno riacceso i motori da un mese e mezzo, stanno trovando la condizione migliore e in alcuni casi (come quello della Varesina) bisogna aspettare un po’ affinché meccanismi e automatismi in un gruppo stravolto dal mercato possano entrare in funzione. Quindi è normale e obiettivo (se si vuole essere tali) tenere conto di questi fattori, rimandando certe discussioni ai momenti nei quali la carne al fuoco sarà effettivamente sul fuoco e non a marinare. Quello che invece si deve sottolineare è l’aspetto psicologico che la partita contro i caronnesi ha evidenziato: la Varesina non è stata in grado di reagire. Mai, se non per un tentativo nei primi 10 minuti del secondo tempo. E la cosa è strana perché non meno di due settimane fa, contro il Derthona, le fenici avevano dato un’ottima impressione giocando compatte, attente e in modo grintoso. Sembra quasi che un vecchio fantasma non abbia ancora lasciato Venegono, infestando in certi momenti anche chi l’anno scorso la maglia della Varesina non l’avevano indossata. Uno spettro in grado di alimentare un timore che fa vacillare quelle che potevano essere considerate come certezze caratteriali ma che certezze non sono ancora, facendole declassare a buone basi su cui costruire. E a proposito, anche noi ci leghiamo all’appello di mister Spilli: lui sa come uscire da questa fase di stallo emotivo, così come lo sa il ds Radicchi – uno dei grandi artefici della salvezza dello scorso anno – e come lo sa la società tutta. Perché è vero, ci sono degli interrogativi ai quali bisogna trovare rapidamente un risposta, ma la stagione è ancora lunga e non bisogna scordarsi che quella passata ha rafforzato e insegnato più di quanto la felicità per la salvezza ottenuta abbia fatto vedere.